
 
        |  | Napoli, Stadio San Paolo 10 giugno 2001   invia una e-mail per i resoconti |  | 
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Al
                San Paolo tifosi corretti Fuori la guerra ultrà:
        
        con
                il Parma c’è il rischio di non giocare a Roma
di ALESSANDRO ANGELONI
NAPOLI —
            Ingabbiati
            e felici fino a undici minuti dalla fine. Ingabbiati e
            delusi, dal gol
            di Pecchia in poi. Comunque, ingabbiati. Sono tanti, come al
            solito, i
            tifosi della Roma al San Paolo. Non si contano, molti sono
            sparsi per tutto
            lo stadio e, per ovvi motivi, poco identificabili, nascosti
            nel primo anello
            dello stadio di Fuorigrotta, scortati dagli agenti delle
            forze dell'ordine.
            Nella gabbia non ci sono 4.200 persone come previsto in
            settimana, ma 7.000
            e anche qualcosina di più. Non sono stati pochi i problemi
            per le
            forze dell'ordine per sedare gli animi, prima, durante e
            dopo la gara.
            Romanisti e napoletani non facevano altro che punzecchiarsi.
            «Perderete
            lo scudetto», si diceva nella storica curva B, «Tornerete in
            serie B», la risposta dal settore ospiti.
      
      «Troppe
            provocazioni»
            dirà in serata il presidente Sensi, amareggiato e
            rattristato per
            le notizie sull'ordine pubblico proveniente e dall'ipotesi
            di una squalifica
            del campo dell' Olimpico. Il presidente per tutto il giorno
            si è
            tenuto in contatto coi dirigenti giallorossi al seguito
            della squadra a
            Napoli sulla situazione-incidenti attorno allo stadio prima
            e dopo la partita.
            «Siamo amareggiati per il comportamento di certa gente - ha
            detto
            Sensi - ma ricordo che la Roma aveva fatto di tutto in
            settimana per dissuadere
            i tifosi ad andare da Roma a Napoli. Poi si sono inserite
            persone che hanno
            voluto speculare...Gli incidenti della attina sono nati da
            provocazioni.
            Provvedimenti disciplinari? Non ci penso». Oggi o domani la
            decisione
            del giudice sportivo.
      
      La Roma punta
            il
            dito contro l' organizzazione di alcune carovane di pullman
            allestite con
            mezzi affittati a Napoli e poi, secondo la tesi del club
            romano, dissoltisi
            al termine della partita: sarebbe nata da questo la rabbia
            di quel gruppo
            di tifosi che per il rientro a Roma sono stati dirottati
            alla stazione
            Campi Flegrei, dove in serata sono scoppiati incidenti.
      
      Già un'ora
            prima della partita, erano lì, ad esibire le loro bandiere,
            i loro
            colori e la loro repressa voglia di festeggiare. I
            lacrimogeni lanciati
            dalla polizia non hanno fermato i cori, né lo straripante
            entusiasmo.
            Il coro che generalmente accompagna le trasferte è stato
            riproposto
            per primo. «Maciniamo chilometri, superiamo gli ostacoli,
            con la
            Roma in fondo al cuor». Molti altri, poi, per la squadra.
            Poi, «Mors
            tua vita mea» il latinismo per dire poi la stessa cosa. E
            non tanto
            alla squadra, quanto alla città l'enigmatico, «Siete tutti
            Pulcinella». Poi, anche scroscianti applausi al pubblico
            partenopeo:
            per uno striscione sul tifoso rimasto in coma dopo
            Bologna-Roma, «Fieri
            del nostro odio, verità per Alessandro». Anche se non era
            l'Olimpico, i tifosi individuano Carlo Zampa e lo osannano.
            Prima dell'inizio
            della partita, parte l'inno di Mameli. I tifosi della Roma
            lo cantano,
            quelli del Napoli fischiano.
    
I gol di Juve
            e
            Lazio, poi il vantaggio del Napoli creano qualche minuto di
            silenzio. Aleggia
            il timore e soprattutto la rabbia. La paura. Il gol di
            Batistuta ristabilisce
            la quiete precedente e la convinzione di poter tornare a
            casa vincitori.
            Il bomber argentino scappa verso di loro, pugni alzati e
            ruggito da Re
            Leone. I tifosi rispondono con un cartello,
            ironico-pornografico, «MasturBati».
            I diecimila circa giallorossi festeggiano e ringraziano.
            Sperano nel bis,
            magari di Totti. Sarebbe il massimo. Proprio Totti, uno di
            loro. E succede
            ciò che era un sogno.
      
      Ma ecco
            l'imprevisto:
            Samuel atterra Moriero al limite dell'area di rigore,
            proprio sulla linea.
            Calcio di punizione. Attimi di trepidazione. «Speriamo non
            si infranga
            un sogno». Batte Pecchia: gol. Sogni infranti. Attimi per
            sperare.
            Entra Montella, ovazione generale. Ecco il salvatore della
            patria. Non
            basta. Napoli-Roma finisce 2-2. I tifosi della Roma lasciano
            il San Paolo
            comunque festanti: c'è ancora una settimana e una partita
            per sperare.
            Una settimana e una partita per continuare a sognare.
    
Il Messaggero
      
      11/6/2001
      
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PAOLO RUSSO FERRUCCIO SANSA
NAPOLI - Otto
            accoltellati.
            Cinquantanove feriti, ventidue sono poliziotti. Diciotto
            tifosi arrestati
            (fin qui tutti napoletani) e sedici denunciati, tra cui tre
            minorenni.
            Incendiate sette auto, due delle forze dell'ordine.
            Sfasciate due ambulanze
            perché «non dovevano soccorrere» i feriti della battaglia.
            Poi sassaiole e pestaggi. Sfondati i vetri di tre pullman,
            compreso quello
            della Roma, assalito mentre arrivava allo stadio. E in coda
            alla domenica
            della violenza, due stazioni ferroviarie (Campi Flegrei e
            poi Formia) sono
            state devastate da mille tifosi romanisti. E così gli
            autogrill
            sull'autostrada del Sole: Casilino nord, La Macchia, San
            Nicola, Teano.
      
      Il presidente
            della
            Roma Franco Sensi quasi aveva supplicato i suoi: «Niente
            incidenti,
            per favore». Sperava di non dover arrivare all'ultima
            partita per
            vincere lo scudetto. Ma adesso la sfida decisiva con il
            Parma potrebbe
            non giocarsi all'Olimpico, stadio diffidato fino a ieri
            mattina, e fortemente
            indiziato di squalifica ieri sera quando il bilancio della
            guerra ingaggiata
            tra napoletani e romanisti è diventato gravissimo: «Non
            devono
            squalificarci il campo per pochi ultrà di bassa lega che
            speculano
            sul tifo della Roma», ha detto Sensi: «E poi molti si sono
            inferociti perché al ritorno non c'erano più i pullman che
            li avevano portati a Napoli». La severità invocata dalle
            nuove
            norme della giustizia sportiva, e già applicata, potrebbe
            far scattare
            il provvedimento: Roma costretta a giocare in campo neutro
            l'ultima di
            campionato. Rischia anche il Napoli (campo diffidato), ma la
            società
            campana giocherà in trasferta la prossima partita, a
            Firenze.
      
      Dalle 18,10
            alle
            19,40, da quando i tifosi romanisti sono usciti dal settore
            dove erano
            stati "ingabbiati" fino alla partenza del loro treno, si è
            consumata
            un'ora e mezza di scontri e fiamme nella stazione di fronte
            allo stadio
            San Paolo. Ma tutto era cominciato a mezzogiorno, con
            l'arrivo quasi simultaneo
            delle due tifoserie nel piazzale davanti allo stadio.
            Diecimila i romanisti.
            Troppi secondo il questore di Napoli, Nicola Izzo. «I
            biglietti venduti
            agli ospiti - ha denunciato - hanno superato di gran lunga
            il numero fissato
            in 4200». Così centinaia di giallorossi, dopo aver
            acquistato
            biglietti dai bagarini, sono stati sistemati fuori del
            settore della tribuna
            laterale A, quello della gabbia che tante polemiche ha
            sollevato ma «che
            ha retto bene», dice il questore. Molti romanisti sono
            finiti «pericolosamente»
            nell'anello inferiore della tribuna laterale B: una
            situazione non facile
            da gestire per i duemila poliziotti in servizio.
      
      Erano 59 i
            feriti
            ieri sera alle 23 nel bollettino provvisorio della questura.
            Tra questi,
            14 carabinieri, 22 poliziotti e 23 tifosi, la maggior parte
            romanisti.
            Ieri sera a Campi Flegrei, dove la linea ferroviaria
            NapoliRoma incrocia
            il metro, i tifosi romanisti che attendevano, incalzati
            dagli "avversari"
            napoletani, l'arrivo del primo treno (il secondo è partito
            alle
            21,10), hanno sfogato la loro rabbia: distrutti i vetri, le
            macchine obliteratrici,
            rimosse le pietre dalla massicciata per scatenare una
            sassaiola. Poi sono
            ripartiti, lasciando una sciarpa giallorossa annodata su un
            lampione come
            un trofeo. E al successivo stop, alla stazione di Formia per
            scaricare
            un pacco, i romanisti sono scesi tutti insieme e hanno
            devastato il bar,
            divelto i cartelli, dato fuoco a un'auto della polizia e
            accoltellato un
            ispettore della Polfer a una gamba (non è grave): gli uomini
            della
            Polizia, in chiara minoranza, hanno esploso colpi di pistola
            in aria. Il
            barista ha raccontato: «Mi sono barricato, volevano
            uccidermi».
            Rientrato a Roma, il treno è stato fermato alla stazione di
            Torricola
            e la polizia (giunta con 300 uomini e oltre 50 mezzi)
            guidata dal questore
            Giovanni Finazzo, ha sequestrato coltelli, catene e
            identificato tutti
            e 1.300 i viaggiatori alla caccia dell'accoltellatore.
            Infine, sulla banchina
            della stazione Termini alcuni romanisti e laziali si sono
            incrociati: lanci
            da un marciapiedi all'altro di bottiglie e aste di bandiere,
            un tifoso
            ferito a un occhio.
      
       
    
La Repubblica
      
      11/6/2001
      
    
GIOVANNI MARINO
STA dietro la
            gabbia
            dell'aula 215, l'aria smarrita e preoccupata. In volto e sul
            corpo, i segni
            di una giornata di violenza: la testa ed un braccio
            fasciati, un occhio
            pesto. «Sono uno studente universitario, mi mancano due
            esami per
            laurearmi in legge, con questa storia non c'entro nulla, non
            sono un hooligan»,
            dice ai cronisti. Si chiama Pasquale *****, ha ventotto anni
            ed è
            stato arrestato per i violenti scontri di domenica al San
            Paolo in NapoliRoma.
      
      Lo attende, di
            lì a poco, un processo per direttissima. Sceglie di
            patteggiare.
            Viene condannato a quattro mesi, pena sospesa e immediata
            scarcerazione.
            Racconta, ancora sgomento: «Abito a Soccavo, sono un
            normalissimo
            tifoso del Napoli, non un violento. Mi trovavo in curva A,
            volevo evitare
            i lacrimogeni, non si è capito più nulla, sono volati calci
            e pugni, varie cariche e sono stato arrestato. In qualche
            modo ho dovuto
            patteggiare perché volevo assolutamente tornare in libertà
            ma non perché mi ritenga colpevole; i miei genitori sono
            distrutti,
            io sono una persona perbene. Farò delle denunce». Lo assiste
            il suo difensore, avvocato Alfonsina Damiani, che aggiunge:
            «Il patteggiamento,
            in questo caso, era il rito migliore da usare per evitare le
            lungaggini
            di un processo».
      
      Un processo
            con
            rito ordinario che potrebbe attendere alcuni degli altri
            quattordici fermati
            per la domenica della violenza. Per loro, infatti, il
            pubblico ministero
            ha deciso di andare davanti al giudice per le indagini
            preliminari dove,
            stamane, si terranno le udienze di convalida dei fermi con i
            relativi interrogatori.
            Saranno i giudici Nicola Quatrano ed Enrico Campoli ad
            occuparsi di queste
            vicende giudiziarie.
      
      L'altroieri,
            invece,
            si sono celebrati altri tre processi per direttissima, con
            altrettante
            condanne. Tutte patteggiate, tutte con pena sospesa e
            immediata scarcerazione.
            Un anno e dieci mesi per Antonio Saggese; un anno e otto
            mesi per Nunzio
            Monaco e Salvatore Basile. Questi ultimi due, in aula, hanno
            respinto le
            accuse, affermando di essere abituali rivenditori di bibite
            allo stadio
            San Paolo e di esser stati scambiati da tifosi del Napoli
            per "nemici"
            romanisti.
    
 La
            Repubblica
            ed. Napoli
      
      13/6/2001
      
    
 «Ci
            siamo chiusi nell’ufficio, fuori era l’inferno. Hanno
            cercato di entrare
            picchiando contro le porte, mandando in frantumi i vetri,
            hanno usato i
            sassi presi tra i binari come oggetti contundenti»: i
            ferrovieri
            della stazione Campi Flegrei raccontano un incubo. Sono le
            19 e nella sala
            comandi si affolla personale delle ferrovie, agenti,
            passegeri in cerca
            di informazioni. Il traffico è paralizzato. Fuori fino a
            pochi minuti
            fa i poliziotti sono rimasti circondati da teppisti delle
            due opposte fazioni
            e solo dopo l’arrivo dei rinforzi sono riusciti a rompere
            l’assedio. Dentro
            i treni sono stati assaltati. Le porte sono rotte e il
            capotreno si rifiuta
            di partire senza un’adeguata scorta di agenti che sorveglino
            le uscite:
            teme la tragedia.
      
      Sui
            marciapiedi
            un tappeto di vetri infranti. Si cammina tra bidoni
            rovesciati e telefoni
            strappati. Un’addetta alle pulizie, che ha visto la stazione
            invasa dai
            vandali, ha avuto un malore, i colleghi cercano di
            rianimarla: poi la porta
            via un’ambulanza, una di quelle scampata alla furia dei
            cosiddetti tifosi.
            Un gruppo di romanisti ha trovato rifugio nella sala dei
            ferrovieri: le
            ragazze sono in lacrime. Un uomo cerca di tamponarsi una
            ferita alla tempia:
            si chiama Vittorio ed è romanista da sempre: «Ma l’ultima
            cosa che mi sarei aspettato di vedere sono le scene di
            terrore alle quali
            ho assistito. Mi hanno ferito i miei stessi compagni nel
            corso di una sassaiola.
            Non andrò mai più allo stadio».
      
      Antonio Bongi
            è
            stato il fondatore del gruppo Ultrà della Roma, ora ha le
            lacrime
            agli occhi. Tiene per mano il figlio, e racconta: «È stato
            terribile. Tutto questo non c’entra niente con lo sport. Non
            capisco nemmeno
            io che cosa stia succedendo». Sul lampione all’ingresso
            della stazione
            sventola una sciarpa romanista.
    
Il Mattino
      
      11/6/2001
      
    
IRENE DE ARCANGELIS
STADIO
            colabrodo.
            Falle, vie di fuga, varchi senza controllo. L'ordine
            pubblico della partita
            NapoliRoma (in testa alla lista degli incontri a rischio)
            una coperta troppo
            corta. Che si è strappata davanti alla prima emergenza.
            Seicento
            uomini in campo - qualcuno in meno - anziché gli ottocento
            chiesti
            dalla Questura di Napoli. Che pure sarebbero stati pochi e
            che, invece,
            erano pochissimi. Seicento uomini «lordi», come si dice in
            gergo, ossia sparpagliati sui diversi obiettivi: la
            tangenziale, i parcheggi
            degli autobus dei tifosi, le strade transennate, le
            stazioni. Quel che
            restava nella polveriera San Paolo, quando solo in curva B
            ce ne sarebbero
            voluti, dicono, settecento. Conclusione: polizia e
            carabinieri erano in
            minoranza sempre e comunque. Prima dentro lo stadio, poi
            alla fine della
            partita nelle diverse zone attaccate dai tifosivandali.
            Anche se la versione
            ufficiale parla di «un migliaio di uomini».
      
      Qualcosa non
            ha
            funzionato a Roma, al ministero dell'Interno. Perché le
            strategie
            della difesa dei funzionari dell'ordine pubblico napoletano
            non avevano
            lasciato nulla al caso. Nei numeri le cose si sono
            inceppate. Peggio: si
            sono sovrapposte alla cattiva gestionebiglietti: solo 4.600
            ai romanisti.
            Ieri, a proposito, una polemica a distanza. Il questore
            Nicola Izzo ha
            risposto a Capello, allenatore della Roma: «Non entro nella
            formazione
            della sua squadra, lui non entri nella questione della
            gabbia», ha
            detto. Né aveva considerato la possibilità di assegnare con
            un'ordinanza un'intera curva agli ospiti. Risultato: 60 mila
            persone nello
            stadio, due tifoserie agguerrite, circa 15-20 mila
            romanisti. L'inferno
            prima, durante e dopo la partita. Per farsene un'idea:
            all'appuntamento
            per il Global Forum, in uno spazio relativamente ristretto
            come piazza
            Municipio, poliziotti e carabinieri erano cinquemila.
      
      Molti i punti
            deboli
            che oggi spiegano l'accaduto. Per cominciare la pressione
            degli ospiti.
            Tanto che, una volta riempito il settore assegnato, è stato
            necessario
            aprire il varco Nisida. La polizia schiacciata dagli
            spettatori. Dall'altra
            parte i napoletani che volevano lo scontro. Dentro
            l'impossibilità
            di prevenire. I blocchi di cemento e i sediolini divelti
            sono stati il
            minimo. «Ci hanno bersagliato con topi morti, bottiglie di
            urina
            e rubinetti...», protestano i romanisti. Gli stessi che poi
            hanno
            distrutto il treno nella stazione Campi Flegrei. Nel dopo
            partita, i razzi
            e le bombe carta, le spranghe e le fiamme. Scene che erano
            state messe
            in conto e che per questo avevano spinto la Questura di
            Napoli a chiedere
            rinforzi, molti rinforzi dai reparti mobili di altre
            regioni. Invece i
            gruppi di poliziotti in numero decisamente inferiore si sono
            visti assaltati
            da migliaia di teppisti. Impossibile respingerli,
            controllarli. Ancor più
            difficile gestire l'arrivo e la partenza dei romanisti:
            prima un solo funzionario
            a controllare cinquanta mezzi, dopo autobus spariti o
            partiti con le persone
            sbagliate,
            spesso affidati a padroncini dell'ultima ora. Si auto
            assolve il questore
            Nicola Izzo, sottolinea i due problemi: «Il grosso afflusso
            e il
            grosso fecciume che va allo stadio». Continua: «Un maggior
            numero di uomini sarebbe stato difficile da gestire,
            finanche parcheggiare
            i mezzi in uno spazio limitato. E comunque - sottolinea -
            erano previsti
            poco più di quattromila tifosi romanisti nella gabbia
            settore ospiti.
            Quelli non hanno creato problemi perché i servizi erano
            stati fatti
            su misura». Ottantatré feriti, di cui ventitré
            rappresentanti
            delle forze dell'ordine stremati da una guerriglia di circa
            cinque ore.
            Con uno straordinario domenicale di 15 mila lire,
            sottolineano ora i sindacati
            di categoria.
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      12/6/2001
      
    
TRA I
              FERMATI UN
              RECIDIVO: LA POLIZIA GLI AVEVA VIETATO L’ACCESSO ALLO
              STADIO
        
        Condannati
                3 teppisti. Sono già liberi
GIUSEPPE
            CRIMALDI
      
      Il gabbione
            dell’aula
            218, quella della undicesima sezione del Tribunale, è pieno
            zeppo.
            Dietro le sbarre, una ventina di imputati. A rimpolpare il
            fardello dei
            processi che si celebrano con rito direttissimo ci ha
            pensato l’ultima
            domenica di ordinaria follia scatenata dai teppisti da
            stadio - napoletani
            e romanisti - che sono riusciti a trasformare una giornata
            di sport in
            un incubo scandito dai ritmi della guerriglia metropolitana.
      
      Tra quelle
            presenze
            anonime si nascondono anche tre dei 18 arrestati di
            domenica. Nei loro
            confronti l’appuntamento con la Giustizia arriva a meno di
            24 ore dagli
            incidenti e si conclude con una condanna, mentre vanno
            avanti le indagini
            e si esaminano filmati e fotografie degli scontri per
            identificare tutti
            i responsabili. La Procura (nelle persone del Pm di turno
            domenica, Ugo
            Ricciardi, e di quello di udienza, Claudio Marcopido) ha
            istruito i fascicoli
            in tempo da record, consentendo ai giudici dell’XI sezione
            (presidente
            Enzo Albano) di emettere il verdetto. Ma i tre imputati sono
            incensurati
            e i loro avvocati fanno ricorso al patteggiamento, che
            consente una riduzione
            della pena fino a un terzo. Conclusione: tutti e tre -
            condannati a pene
            inferiori ai due anni - sono già stati scarcerati. I capi di
            imputazione
            contestati a vario titolo andavano dalla resistenza a
            pubblico ufficiale
            alle lesioni, all’oltraggio; al momento dell’arresto, uno di
            loro era stato
            anche trovato in possesso di una pistola lanciarazzi che
            aveva puntato
            ad altezza d’uomo contro alcuni agenti.
      
      Oggi si
            replica.
            Sono ancora 15 i tifosi arrestati domenica scorsa che
            attendono il processo.
            Quasi tutti sono napoletani, solo due i romanisti. Ma sarà
            difficile
            definire tutte le posizioni nella stessa giornata, anche
            perché
            in alcuni casi bisognerà attendere che le parti lese - che
            in questo
            caso sono i rappresentanti delle forze dell’ordine, vittime
            delle lesioni
            - vengano dimesse dagli ospedali e possano presenziare
            all’udienza. Di
            sicuro oggi comparirà davanti ai giudici Ciro *****,
            arrestato in
            flagranza di reato. È accusato di resistenza a pubblico
            ufficiale.
            Dai controlli effettuati in Questura è emerso che il giovane
            si
            trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato, che
            domenica pomeriggio
            avrebbe dovuto trovarsi in ogni luogo, ma non a Fuorigrotta,
            e in ogni
            caso mai al San Paolo. Già, perché ***** - evidentemente
            recidivo a certi episodi di intemperanza parasportiva - era
            destinatario
            di un provvedimento emesso tempo fa dal questore di Napoli,
            un provvedimento
            che gli impediva di accedere ai luoghi nei quali si svolgono
            competizioni
            di natura agonistica. Una misura che non gli ha però
            impedito di
            acquistare il biglietto e di presentarsi al San Paolo. Ma
            nel bilancio
            generale degli incidenti (84 feriti, danni per centinaia di
            milioni) bisogna
            comprendere anche i 16 denunciati in stato di libertà dalle
            forze
            dell’ordine e i 19 bagarini pizzicati all’esterno dello
            stadio. E anche
            qui c’è da segnalare una sorpresa. Già, perché la
            maggioranza di quelle persone identificate e denunciate per
            danneggiamento,
            detenzione di oggetti pericolosi e oltraggio, è composta da
            minorenni.
            Ragazzini, qualcuno ha anche meno di 17 anni, che non hanno
            voluto essere
            da meno ai grandi, a quei cattivi maestri che - da una parte
            e dall’altra
            della tifoseria - hanno messo a ferro e fuoco la zona
            antistante lo stadio,
            prima, durante e dopo il match.
    
Il Mattino
      
      12/6/2001
      
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ROMA - Un
            ritorno
            dal San Paolo di Napoli da incubo. Prima gli incidenti e la
            devastazione
            ai Campi Flegrei, poi il viaggio - con la delusione in corpo
            per il mancato
            scudetto - scandito da un crescendo di folle violenza, che
            ha avuto il
            suo momento clou alla stazione di Formia: un poliziotto
            ferito da tre coltellate,
            colpi di pistola sparati in aria dalla polizia, un’auto
            delle forze dell’ordine
            incendiata, sedili dei vagoni tagliati, vagoni
            semidistrutti, lancio di
            sassi, un bar messo a soqquadro e persino un assalto a un
            magazzino delle
            Fs poco distante dai binari, per rubare giubbotti, caschi e
            altro materiale.
            L’attesissima festa romanista per il tricolore è dunque
            finita in
            guerriglia. Dopo i tafferugli di Formia, il treno è
            ripartito alla
            volta della capitale verso le 21.30. I circa 1.200 ultrà
            giallorossi
            pensavano di averla fatta franca, ma non è stato così. Il
            convoglio è stato bloccato a Torricola, estrema periferia
            sud, dove
            nel frattempo si erano precipitati con in mente una precisa
            strategia anti-teppisti
            sia il questore di Roma Giovanni Finazzo sia il capo della
            Digos: tutti
            i passeggeri sono stati fatti scendere con le mani sopra la
            testa uno ad
            uno, perquisiti e identificati. L’operazione è andata avanti
            a lungo,
            per più di due ore. Anche perché all’inizio, nonostante i
            300 agenti in tenuta antisommossa che avevano di fronte,
            alcuni scalmanati
            hanno tentato di reagire e sottrarsi ai controlli.
      
      «Mai visti
            tanti delinquenti tutti insieme, c’è da aver paura», diceva
            un poliziotto mentre un collega teneva a bada due ultrà
            ubriachi.
            Cento pseudotifosi non avevano in tasca neanche i documenti,
            o forse li
            avevano buttati per sfuggire ai controlli: sono stati quindi
            filmati, a
            file di cinque, mentre dichiaravano ad alta voce il loro
            nome e cognome,
            e poi lasciati andare assieme a tutti gli altri su autobus
            dell’Atac fatti
            arrivare dai depositi. La Digos avrà modo di identificarli
            con calma,
            a partire da stamattina, e nel caso di far scattare i
            relativi provvedimenti.
      
      Quasi tutti,
            al
            momento della perquisizione, erano disarmati. Soltanto un
            ultrà
            è stato bloccato con uno zainetto pieno di sassi e
            sottoposto a
            fermo di polizia giudiziaria. Ma successivamente, dai vagoni
            fermi nella
            stazione di Torricola rovistati da cima a fondo da decine di
            agenti, è
            uscito fuori di tutto: catene, coltelli, bottiglie rotte,
            candelotti lacrimogeni.
      
      E intanto un
            altro
            treno carico di tifosi giallorossi imbestialiti, anch’esso
            partito da Napoli
            prima delle 20, stava fermo nelle campagne qualche decina di
            chilometri
            più a Sud. In questo caso la tecnica adottata dalle forze
            dell’ordine
            è stata di ritardare il più possibile l’arrivo alla stazione
            Tiburtina in modo da prenderli per stanchezza.
      
      f.d.f.
      
       
    
Il Corriere
            della
            Sera
      
      11/6/2001
      
    
"Così
                hanno bruciato la mia casa..."
        
        E una donna
              ha
              salvato 4 tifosi romanisti terrorizzati
FERRUCCIO FABRIZIO
Nell'inferno
            di
            piazzale Tecchio sembravano anime perdute. Quattro tifosi
            romanisti, tutti
            giovani ventenni tra cui una ragazza, hanno vissuto col
            terrore negli occhi
            il breve percorso che dallo stadio San Paolo porta alla
            stazione di Campi
            Flegrei. Risucchiati, travolti dalla furia scatenata da
            centinaia di supporter
            giallorossi che, sfuggiti (inspiegabilmente) al controllo
            del servizio
            d'ordine, nel dopopartita di domenica hanno distrutto ed
            incendiato tutto
            ciò che incontravano, prendendo a sassate anche le macchine
            degli
            automobilisti in transito, caricando persino un gruppo di
            tifosi napoletani
            all'inizio di viale Giulio Cesare.
      
      Tutto nelle
            vicinanze
            di una ventina di poliziotti in attesa di rinforzi chiusi in
            un angolo
            della stazione. Inseguiti dal panico, i quattro ragazzi
            hanno scavalcato
            la cancellata di quasi due metri di un palazzo che affaccia
            su piazzale
            Tecchio. Un edificio che oggi conta i danni con le vetrine
            del portone
            e le finestre dei piani bassi infrante e una striscia di
            fumo causato dall'incendio
            di una macchina che ha raggiunto ben due piani. Hanno
            cercato riparo bussando
            alle porte. «Erano terrorizzati - racconta Marisa Amore,
            indicando
            la finestra distrutta della sua camera, al primo piano -
            Quando hanno scavalcato
            il cortile la gente ha cercato di mandarli via, così hanno
            bussato
            alla mia porta. Per la verità anch'io non ne volevo sapere
            niente
            quando li ho visti, ma poi la ragazza è scoppiata in un
            pianto ed
            è quasi svenuta. Allora li ho fatti entrare...».
      
      Se fuori era
            l'inferno,
            tra quattro mura insperate i giovani romani hanno trovato da
            bere e un
            porto sicuro, ospitati per tre ore. «Se ne sono andati verso
            le 21.30
            con l'ultimo treno - dice ancora Marisa - Hanno chiesto
            scusa per i romani:
            "Ci dispiace tanto per quei delinquenti, ma noi non
            c'entriamo niente con
            loro. Grazie, ci avete salvato".
      
      Attimi di
            terrore
            li ha vissuti anche Luigi Di Monna, inquilino della porta
            accanto. «Ho
            sentito un boato, le fiamme fuori la finestra ed il fumo che
            mi entrava
            in casa. Mi sono barricato dentro, aspettando che tutto
            finisse. Adesso
            farò denuncia alla polizia e valuterò se fare causa al Coni
            per i danni. Quella macchina incendiata dai romani sotto la
            mia finestra
            poteva esplodere».
      
      La guerriglia
            di
            Fuorigrotta ha fatto non poche vittime tra la gente che vive
            e lavora in
            Piazzale Tecchio, tra questi il dipendente di un bar e il
            proprietario
            di una pizzeria: le loro macchine parcheggiate in strada
            sono state distrutte
            a colpi di spranga o a sassate. Non hanno neanche visto:
            terrorizzati,
            insieme ad alcuni avventori, si erano tutti rintanati con
            tanto di saracinesche
            abbassate dentro i loro esercizi.
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      12/6/2001
      
    
 Il
            giudice
            sportivo ha multato il Napoli di 25 milioni, mentre per
            quanto riguarda
            le violenze dei tifosi giallorossi alla stazione di Formia i
            tempi delle
            procedure disciplinari rendono di fatto impossibile una
            sanzione nei confronti
            della Roma entro questa stagione. Salvo l’Olimpico per il
            match di domenica
            col Parma, con relativa (eventale) le festa scudetto. Ora,
            infatti, scatterà
            l’inchiesta dell’Ufficio Indagini federale, che farà
            riferimento
            agli accertamenti di polizia. Quindi, sulla base della
            relazione dell’Ufficio
            Indagini, il procuratore federale proporrà il suo eventuale
            deferimento
            alla Disciplinare. Quest’ultima dovrà fissare la discussione
            del
            caso in una sua riunione, e la sentenza della Disciplinare
            potrà
            poi essere oggetto di appello alla Caf. Il tutto,
            normalmente, avviene
            nell’arco di un paio di mesi: quindi, non è ipotizzabile un
            provvedimento
            nei confronti della Roma in questo campionato, nemmeno se
            dovesse esserci
            spareggio.
      
      Tornando alle
            decisioni
            del giudice sportivo, 8 gli squalificati in serie: Dainelli
            (Lecce) per
            3 giornate dopo la violenta testata data al bolognese
            Cipriani, e per una
            giornata Falcone e Cruz (Bologna), Bertotto (Udinese), Doni
            (Atalanta),
            Fresi (Napoli),Oddo (Verona) e Petruzzi (Brescia). Pesante
            sanzione nei
            confronti della Reggina: 70 milioni di multa con diffida,
            per lancio continuo
            di bottigliette, monete e accendini contro un guardalinee,
            che è
            stato anche colpito; cori razzisti; lancio di un fumogeno
            sul terreno di
            gioco.
    
Il Mattino
      
      12/6/2001
      
    
di MARIA LOMBARDI
Il vento che
            fino
            a un minuto fa gonfiava le bandiere giallorosse, adesso
            solleva cartacce
            e fa rotolare bottiglie vuote. Fine della partita e della
            festa durata
            mezz’ora. Daniela con la sciarpa della Roma legata in testa
            tira un calcio
            al passeggino vuoto e lo scaraventa per terra, il figlio di
            due anni scoppia
            in lacrime per la paura, ma lei non se ne cura. «E la colpa
            è
            anche vostra e delle vostre bandiere con lo scudetto», un
            anziano
            rosso di rabbia si ferma davanti al banchetto di Ugo
            Tornatore e batte
            un pugno sul tavolo di legno facendo rimbalzare sciarpe,
            cappelli e trombette.
            «Le potevate tirare fuori alla fine, no? E invece volevate
            fa’ soldi
            e avete portato jella. Mortacci vostra», e imprecando se ne
            va.
      
      «E meno male
            - si dispiace Ugo Tornatore riavvolgendo le bandiere con lo
            stemma tricolore
            (ventimila lire ciascuna) che incautamente aveva esposto sin
            dalla mattina
            - Se no adesso non ne avrei venduta nemmeno una. Peccato,
            avevamo tanta
            fiducia, eravamo convinti di vincere. Ma vinceremo domenica
            prossima. Anche
            perché tutte queste bandiere le ho comprate con assegni
            posticipati
            e se non le vendo vado in protesto». Giovanni Sani,
            ambulante di
            Napoli, s’allontana con la sua borsa piena di aste e
            striscioni con la
            sagoma dello scudetto, «meno male che non li ho tirati
            fuori, altrimenti
            me li sfasciavano in testa. Vabbè, li conservo per domenica
            prossima,
            tanto mica sono pesci». Gli altri venditori lo guardano un
            po’ male.
            «E non prendetevela con me - si difende Giovanni - sono
            dispiaciuto
            anche se sono napoletano. Il Napoli ha fatto un campionato
            di schifo e
            non meritava proprio di pareggiare. Prendetevela con loro,
            che sono laziali
            e a ogni gol del Napoli ridevano», e indica delle signore
            che vendono
            trombe. «E adesso che vuoi? - replicano le ambulanti
            chiamate in
            causa - a casa nostra anche le scope sono biancocelesti. Che
            ci stiamo
            a fare qua? Il lavoro è lavoro».
      
      Augusto Luci
            se
            ne va dalla piazza triste, trascinando sull’asfalto le sue
            scarpe giallorosse
            comprate con i punti della Parmalat, «quanto latte ho dovuto
            bere»,
            con in testa il berretto da lui creato (sulla visiera rossa
            c’è
            una mano gialla che fa un gestaccio). «E meno male che non
            sono andato
            a Napoli. Volevo partire, ma poi ho avuto paura. Senti come
            parlo? Scoprivano
            subito che sono romanista. A casa mia anche il parquet è
            giallorosso».
            Ed Ezio Romanacci che è venuto dal Belgio insieme alla
            moglie e
            al figlio di un anno Dedrian per vedere in piazza, insieme
            ad altri romanisti,
            la partita che praticamente non ha visto, tant’era lontano
            lo schermo?
            «Resterò a Roma fino a domenica prossima sperando di trovare
            i biglietti per lo stadio. Anche se mi costerà un mucchio di
            soldi,
            resterò. E’ un momento troppo importante per me. Totti è
            il mio idolo e nello stesso momento in cui ha segnato con la
            maglia della
            nazionale contro il Belgio, è nato mio figlio».
      
      «Mannaggia
            al Vesuvio», sbuffano dei ragazzetti con il viso tinto. E
            Hassan
            Khaled, cuoco egiziano, da dieci anni tifoso della Roma,
            dice che non c’è
            ragione di disperarsi, «c’è ancora una domenica». Curzio
            Cupido, 24 anni, che odia la Lazio più di quanto ami la
            Roma, diceva
            che in caso di vittoria con i suoi amici avrebbe fatto «un
            macello.
            Prima in via del Corso, poi a fare il bagno nelle fontane. E
            poi a festeggiare
            Guidonia, nel mio quartiere, dove hanno dipinto anche le
            serrande giallorosse».
            Curzio Cupido se torna a casa con le mani in tasca.
    
Il Messaggero
      
      11/6/2001
      
    
OTTANTATRÈ feriti. Un bilancio pesante, quello dei disordini di domenica pomeriggio. Delle persone finite in ospedale tredici sono poliziotti (tra questi tre funzionari) e tredici i carabinieri. Tutti gli altri teppisti ma anche qualche spettatore incolpevole. Un agente è stato colpito a un braccio da un razzo sparato a pochi metri di distanza, dovrà essere operato. Bersaglio dei vandali anche gli spettatori dello spazio al San Paolo riservato ai portatori di handicap, che hanno visto arrivarsi addosso una pioggia di pietre e blocchi di cemento, seggiolini divelti. Ma nessuno di loro è stato ferito gravemente. Centinaia di milioni di danni. A cominciare dalla stazione dei Campi Flegrei e dal treno con 800 tifosi romanisti a bordo in partenza subito dopo la partita. Un convoglio talmente danneggiato che per circa mezz'ora si è pensato che non era più il caso di farlo partire. Distrutto lo spazio di ingresso della Mostra d'Oltremare. Oltre a tutto quello che si dovrà rimettere a posto all'interno dello stadio, distrutte un'ambulanza e quindici mezzi della polizia. Per i carabinieri, ridotto a un rottame un autobus nuovo Fiat Iveco 370 da circa 400 milioni, due OM 55 del battaglione, quattro Turbo Daily e una Fiat Uno.
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      12/6/2001
      
    
 DARIO
            DEL
            PORTO
      
      È inutile
            illudersi, nessuno pagherà i danni provocati da gruppi di
            facinorosi
            prima e dopo Napoli-Roma. Archiviato il risultato sportivo,
            nella memoria
            restano le istantanee dei violenti scontri che hanno
            trasformato Fuorigrotta
            in un campo di battaglia. Ma i cittadini che hanno subito la
            follia domenicale
            devono fare i conti con la burocrazia, e con la
            consapevolezza che sarà
            assai difficile riuscire ad ottenere il risarcimento per le
            auto in sosta
            date alle fiamme lungo via Cintia o per quanto accaduto alla
            stazione di
            Campi Flegrei, messa letteralmente a soqquadro dai supporter
            romanisti.
            «In effetti - argomenta Vincenzo Maria Siniscalchi, avvocato
            penalista
            e deputato, prima ancora che appassionato di calcio - ci
            sono poche strade
            da percorrere: siamo nel campo della responsabilità da parte
            di
            ignoti, né è possibile ipotizzare un coinvolgimento, sia
            pure in forma indiretta, delle istituzioni. Dunque, resta
            solo da studiare
            caso per caso, ad esempio se le polizze stipulate con le
            assicurazioni
            prendono in considerazione profili di questo tipo».
      
      Questa
            mattina,
            il parlamentare dell’Ulivo ripresenterà a Montecitorio la
            proposta
            di legge sulla violenza in occasioni sportive già messa in
            cantiere
            durante la legislatura appena trascorsa: «È un testo in cui
            credo molto - spiega - e che aveva trovato consensi anche
            presso altre
            forze politiche. Fra l’altro, prevede l’istituzione di un
            osservatorio
            che consenta di controllare dati, nomi di persone recidive,
            di individuare
            le responsabilità delle società e dei gruppi di tifosi. In
            questo modo si dovrebbe riuscire a potenziare la
            prevenzione, così
            da riuscire a evitare il ripetersi di episodi come quelli di
            domenica scorsa».
      
      Anche per il
            civilista
            Massimo Di Lauro «non esiste alcuna possibilità per chiedere
            il risarcimento dei danni arrecati dagli atti di guerriglia
            verificatisi
            domenica scorsa. Purtroppo non esiste un fondo analogo a
            quello per le
            vittime della strada investite da auto pirata. Magari ci
            fosse, visto quanto
            sta accadendo. È una barbarie - commenta l’avvocato - i
            cittadini
            sono alla mercè della teppaglia. E anche le forze
            dell’ordine, in
            casi del genere, possono fare ben poco. A questo punto
            l’unica cosa da
            fare è inasprire le pene».
      
      Intanto i
            tifosi
            arrestati sfilano uno dopo l’altro nelle aule del Tribunale
            per la convalida
            dei fermi e il processo per direttissima. Ieri, davanti al
            giudice Paola
            Russo, ha «patteggiato» quattro mesi di reclusione, con la
            sospensione condizionale della pena, l’imputato Pasquale Di
            Jesu, accusato
            di resistenza a pubblico ufficiale. Oggi il gip Enrico
            Campoli dovrà
            decidere su undici convalide, al gip Nicola Quatrano
            toccherà esaminare
            tre posizioni, fra cui quella di un sostenitore della Roma.
            I pm Ugo Ricciardi
            e Ettore Della Ragione potrebbero chiedere l’emissione di
            ordinanza di
            custodia in carcere. Altri patteggiamenti erano stati
            definiti lunedì.
            Va chiarito che nessuno dei fermati deve rispondere degli
            episodi culminati
            nelle devastazioni, pertanto non è possibile agire nei loro
            confronti
            per un eventuale risarcimento dei danni.
    
Il Mattino
            ed. città
      
      13/6/2001
      
    
la protesta
        
        Furiosi
                i sostenitori giallorossi
        
        "Rinchiusi
                come bestie, vergogna"
 Per
            qualcuno,
            come l'allenatore della Roma Fabio Capello, quella rete che
            cingeva la
            curva romanista è «una vergogna», lo ha detto chiaramente
            alla vigilia della partita. Una limitazione che avrebbe
            accesso ulteriormente
            gli animi dei tifosi.
      
      Per altri, per
            le forze dell'ordine che hanno disposto questa soluzione,
            era l'unico modo
            per proteggere gli stessi ultrà giallorossi dal lancio di
            oggetti
            che sarebbe sicuramente arrivato dai tifosi napoletani.
            L'unico modo per
            evitare che i sostenitori del club romanista scavalcassero
            le recinzioni
            invadendo i settori confinanti. «Sarebbe stata la guerra»,
            spiegano.
      
      La guerra,
            peggio
            di quella che c'è stata nonostante la protezione metallica
            all'ingresso
            e all'uscita del San Paolo. Una guerra che ha fatto contare
            almeno una
            cinquantina di feriti. E si tratta solo di quelli che si
            sono rivolti al
            pronto soccorso del vicino ospedale San Paolo. Impossibile
            avere un dato
            certo. Non è escluso che molti feriti hanno preferito
            curarsi a
            casa per evitare controlli e identificazioni.
      
      Posizioni
            diverse.
            È certo che la gabbia metallica, la curva chiusa nella rete,
            ieri
            ha fatto discutere. Si ricorda solo il precedente dello
            stadio di Genova,
            qualche tempo fa. Di sicuro è raro che si ricorra ad una
            soluzione
            come questa che, almeno agli occhi di chi guardava, faceva
            impressione.
      
      «Uno scandalo,
            ci trattano come bestie», hanno urlato i tifosi di Batistuta
            e Totti.
            L'umiliazione di poter vedere la partita a scacchi. La
            paura, denunciavano,
            di non poter scappare in caso di incidenti. Meritano di
            essere raccontate
            anche le scene viste prima del fischio d'inizio della
            partita: dalla curvagabbia
            i tifosi lasciavano passare i soldi che il gestore del bar
            interno al San
            Paolo raccoglieva con paura: poi lanciava in alto, come si
            fa con le noccioline
            allo zoo, bottiglie d'acqua e lattine di bibite.
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      11/6/2001
      
    
MARINO BISSO FERRUCCIO SANSA
Le due facce
            del
            tifo: da una parte quella rumorosa, ma civile, anche nella
            sconfitta, della
            folla di San Giovanni. Dall'altra quella violenta dei tifosi
            (se si possono
            chiamare così) che hanno messo a ferro e fuoco tutto quanto
            si sono
            trovati sotto mano. Ora in 1300 sono stati schedati e
            rischiano di mettere
            in pericolo la vittoria della Roma.
      
      Tutto è
            cominciato alle tre di ieri pomeriggio, con il fischio
            d'inizio al San
            Paolo di Napoli. A Roma da quell'ora sembrava di assistere
            all'invasione
            degli ultracorpi. A girare per Testaccio (l'ombelico del
            mondo giallorosso)
            sembrava di essere piombati in un film di fantascienza degli
            anni Cinquanta,
            di quelli che parlavano dell'estinzione della specie umana.
      
      I soli esseri
            viventi
            visibili nel raggio di centinaia di metri qualche gatto
            rosso, sarà
            un caso? e Mattia, barbone che sdraiato su una panchina nel
            giardino di
            piazza S.Maria Liberatrice, si godeva l'insolita
            tranquillità. Le
            uniche voci arrivavano dalle finestre ed erano quelle
            concitate dei radiocronisti.
      
      L'unica, per
            capire
            era andare in via Giovanni Branca, al Roma Club Testaccio.
            Qui si nasce
            romanisti, anzi, «sei giallorosso anche nella pancia della
            tu mamma»,
            come dice "lo zio", un veterano dei Boys. Già, per vedere un
            condensato
            di passione, gioia e sofferenza ieri pomeriggio bisognava
            andare al Roma
            Club di Testaccio. La partita è durata novanta minuti, ma
            qui hanno
            contato ogni secondo, ogni decimo. Fino al fischio finale,
            quando tutti
            si sono riversati in strada: chi, come Luigi, impiegato, con
            la fronte
            appoggiata a un furgoncino quasi che non riuscisse a stare
            in piedi. Altri,
            vedi Marco, infermiere, pigliando la testa tra le mani. E
            piangendo.
      
      Ma ieri sera
            la
            delusione si vedeva ovunque. Quando dallo Stadio San Paolo
            di Napoli il
            fischio dell'arbitro è risuonato in tutte le case di Roma. E
            soprattutto
            a San Giovanni, sui centottantamila che dalle dieci di
            mattina erano arrivati
            nella grande piazza, perché gioire e soffrire in tanti
            sembra ancora
            più grande. Prima quel vantaggio, poi il pareggio. Quindi
            ancora
            il vantaggio che quasi sembrava salutato dall'enorme statua
            di San Francesco
            sulla facciata della chiesa, con le braccia alzate al cielo
            (in segno di
            vittoria?).
      
      Il tutto sotto
            un sole velato, ma senza pietà, e un vento caldo che
            strattonava
            le bandiere e non lasciava respirare. Per non dire della
            calca. Ma lo stesso
            il secondo gol del Napoli è stato un brivido gelato per
            tutti. Niente
            da fare, almeno per questa domenica: via, tutti a casa, con
            le bandiere
            arrotolate. Il bilancio del pomeriggio a San Giovanni?
            Quaranta persone
            soccorse soprattutto per malori dovuti all'afa. Il più grave
            è
            un uomo di 55 anni, caduto da un lampione dove si era
            arrampicato.
      
      Adesso? La
            parola
            a Franco Sensi: «E' destino che dobbiamo soffrire fino alla
            fine.
            Però non possiamo dire di aver giocato bene. Ora ci aspetta
            una
            settimana di vera passione».
      
      Già, ma
            bisognerà tenere i nervi saldi, soprattutto tra i tifosi. E
            non
            sarà facile, visto quello che è successo a Napoli, a Formia
            e a Roma. Erano le otto di sera quando un gruppo di
            giallorossi ha incontrato
            dei fan laziali nella stazione di Termini del metrò B. Ed è
            scoppiato il caos: bottiglie che volavano, bastoni delle
            bandiere usati
            come armi, urla. Era solo l'inizio. I trasporti ferroviari
            nella Capitale
            sono andati in tilt per colpa dei due treni che dovevano
            riportare a casa
            i tifosi giallorossi. Dopo le follie di tutti i tipi
            compiute durante il
            viaggio, i due convogli sono stati bloccati alla stazione di
            Torricola
            (vicino a Capannelle) dove ad accoglierli hanno trovato 300
            poliziotti
            e lo stesso questore Giovanni Finazzo. «Li abbiamo fermati
            qui per
            non creare problemi di ordine pubblico in città», ha
            spiegato
            Finazzo. Appena scesi tutti i 1.300 passeggeri sono stati
            identificati,
            alla ricerca di chi aveva accoltellato l'ispettore alla
            stazione di Formia
            e dei responsabili della devastazione dei treni. Nei vagoni,
            oltre a decine
            di chili di sassi, sono stati trovati coltelli e catene.
      
       (ha
            collaborato
            eduardo lubrano)
    
La Repubblica
            ed.
            Roma
      
      11/6/2001
      
    
LA GIUSTIZIA, ancora una volta, perde la partita dell'efficienza e della rapidità. Ci si chiede: ma cos'altro doveva succedere, domenica allo stadio San Paolo, per avere una raffica di sentenze esemplari, immediate? Le immagini televisive hanno ripreso scene da guerriglia urbana. Eppure, a 78 ore dai fatti, di processi per direttissima se ne sono celebrati appena 4, mentre, per gli altri 14, si seguirà la strada più lunga, con il passaggio dal gip e poi un procedimento che di sprint non avrà un bel nulla. Tutto lecito e formalmente spiegabile, ma ai cittadinitifosi, che domenica sono stati travolti dalla follia degli hooligans e che si attendevano una risposta veloce dai tribunali, i conti non tornano. E dei tecnicismi non sanno che farsene. La lentezza e la burocrazia giudiziaria affondano la tenue fiducia di chi ancora si rivolge alla giustizia. Viceversa, alimentano il senso di impunità di chi continua a violare leggi e regolamenti. Lo sa bene il vicepresidente del Csm, Giovanni Verde, che in una intervista senza illusioni rilasciata ieri a questo giornale ha consigliato vie che non passino dai tribunali per arginare il teppismo. Ma, fuor di "giuridichese", tutto questo diventa terribilmente difficile da spiegare a chi, domenica, ha vissuto ore di terrore. (g.ma.)
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      13/6/2001
    
 Vista
            dal
            sesto piano di un palazzo, l’apocalisse scatenata dagli
            ultrà romanisti
            fa ancora più paura. «Da 40 anni abitiamo qui - spiega
            M.R.P.,
            una signora che abita a via Diocleziano, proprio ad angolo
            con piazzale
            Tecchio - e di scontri, la domenica, ne abbiamo visti tanti.
            Ma mi creda,
            quello che ho visto ieri non trova paragoni». La furia
            devastatrice
            non ha risparmiato neanche il giardino e il palazzo. «Erano
            un centinaio
            - racconta la donna - li ho visti sradicare i lastroni di
            marmo a mani
            nude, devastare un giardino che avevamo rimesso da poco a
            posto, bruciare
            l’auto del nostro portiere. Ora chi ci risarcirà?». E
            aggiunge:
            «Si sapeva che sarebbe successo. Come mai non hanno
            predisposto un
            piano di sicurezza maggiore?». A questo punto, i residenti
            non escludono
            di costituirsi parte offesa, chiamando in causa il Coni e la
            Lega Calcio,
            per essere risarciti.
      
      giu.cri.
    
Il Mattino
      
      11/6/2001
      
    
 MAURIZIO
            CERINO
      
      E adesso chi
            paga?
            Un interrogativo che riecheggia in piazzale Tecchio, tra
            frammenti di vetri,
            lamiere di auto carbonizzate, apparecchi telefonici divelti.
      
      Il campo di
            battaglia,
            il giorno dopo. Sono ancora ferme lì, parcheggiate, le auto
            distrutte
            o carbonizzate. Ed è meta di «pellegrinaggio» il palazzo
            al civico 29 del piazzale, segnato dalla fiammata della Fiat
            Uno del figlio
            di Francesco Vivenzio: «Paradossalmente io sono stato
            fortunato,
            perché in quel posto ci sarebbe dovuta essere stata la mia
            auto.
            Invece mio figlio se l'è presa e m'ha lasciato la sua.
            Scherzi a
            parte, Non ho mai visto tanta brutalità, e per che cosa? Per
            una
            partita di pallone».
      
      Le lingue di
            fuoco
            della Uno di Vivenzio hanno annerito, fino al secondo piano,
            la parete
            del palazzo che dà su quella parte di piazzale Tecchio dove
            c'è
            la stazione ferroviaria e lo stazionamento dei bus, facendo
            implodere i
            vetri della finestra dell’appartamento di Luigi Di Monna:
            «Quando
            l’incontro è finito, io mi trovavo di fronte. Mi sono girato
            in
            direzione dello stadio e ho visto arrivare un fiume di
            persone. Ho attraversato
            con passo svelto per raggiungere il portone - ha proseguito
            Luigi Di Monna
            - e, una volta entrato in casa, mi sono barricato,
            abbassando le tapparelle
            e chiudendo le finestre perché abitando al piano rialzato
            temevo
            che potessero lanciare in casa quanche cosa o addirittura
            arrampicarsi,
            vedendo le finestre aperte. Ho sentito il caos, il rumore
            secco di botti,
            forse petardi, poi, improvvisamente, sono stato avvolto dal
            fumo e immediatamente
            dopo ho sentito un rumore di vetri infranti. Mi sono
            precipitato nell'altra
            stanza e ho visto le fiamme che praticamente entravano in
            casa. Fortunatamente
            non è successo nulla di più grave perché immagino
            che adesso sarei anche con la casa incendiata, considerato
            che, per la
            situazione che c'era in piazza, i vigili del fuoco non ce
            l'avrebbero fatta
            a raggiungere il palazzo. E adesso, scusatemi, ma sapete chi
            mi risarcirà?».
      
      Anche il
            portone
            del palazzo di Di Monna ha i vetri rotti, come una «Nubira»
            nuovissima. Davanti alla stazione di Campi Flegrei c'è la
            carcassa
            di una Panda: un lembo della carrozzeria, miracolosamente
            risparmiato dalle
            fiamme, testimonia che fino a domenica alle 17 era rossa.
            Poco più
            innanzi, sulla destra di chi quarda la stazione, c’è il
            parcheggio
            della cooperativa portabagagli di Bagnoli. L'orda barbarica
            è entrata
            anche lì, riducendo in briciole i vetri della guardiola del
            personale
            addetto al parcheggio, afferrando la televisione e
            scaraventandola sui
            binari e danneggiando due auto. E adesso chi paga? Gli
            incaricati all'esazione
            del pagamento sosta sono chiari. La cooperativa ha esposto,
            ben visibili,
            le condizioni che regolano la sosta all'interno dell’area.
            Al punto numero
            7 c’è scritto che la cooperativa non risponde «di danni a
            persone e/o cose che non siano attribuiti a fatto e colpa
            del proprio personale
            nonché quelle derivanti da fatto di terzi , vandalismi, atti
            di
            guerra, sommosse, insurrezioni, manifestazioni e tumulti
            popolari, esplosioni,
            terremoti, inondazioni, alluvioni, ecc...». Gioacchino
            Cestari ha
            lasciato parcheggiata la sua Fiat Uno davanti alla stazione
            per andare
            a Roma per lavoro. È ritornato domenica sera: pensava essere
            la
            sua l’auto in fiamme. Invece l'ha trovata, con i vetri in
            frantumi: «Sono
            stato fortunato», esclama tra l’ironico e il rassegnato.
            Vicenzo
            Percuoco abita nel palazzo lambito dalle fiamme: «Abito qui
            da anni.
            Quello che ho visto domenica non era immaginabile».
            Antonello Grassi
            è un avvocato che abita al civico 33: «Dal balcone ho visto
            un fiume di almeno 500 persone che avanzava distruggendo
            tutto quello che
            gli capitava davanti. Ma non c’era un solo poliziotto».
            All’esterno
            Pasquale Brancato sta legando il traino per la sua Y10
            lasciata lì
            con la frizione rotta. L'auto è distrutta. E adesso chi
            paga? «Ho
            parlato con l'avvocato, citerà il Calcio Napoli». E altri
            sono intenzionati a far causa alla Lega Calcio. Ma qualcuno
            pagherà
            mai i danni?
    
Il Mattino
      
      12/6/2001
      
    
 Quattro
            marzo,
            alla fine della partita Napoli-Lecce. La furia dei tifosi
            della curva B
            esplode, irrefrenabile, coinvolgendo anche incolpevoli
            spettatori. È
            ancora negli occhi di tutti quell’immagine di un padre che
            tenta di coprire
            il figlioletto durante gli scontri.
      
      Ieri
            pomeriggio
            la scena si è ripetuta, anche se - questa volta - non
            c’erano le
            telecamere a riprenderla. E quello che è capitato durante
            gli scontri
            scatenati nel dopo partita dagli ultrà romanisti è affidato
            al racconto di un tifoso della Roma che era venuto a vedere
            la partita
            in compagnia del figlioletto. «È assurdo - ha raccontato -
            Ho visto cose allucinanti, cose mai viste prima. Sono un
            capotifoso, ma
            lo giuro: non metterò più piede allo stadio».
      
      Di giovani e
            giovanissimi
            venuti dalla Capitale ce n’erano tanti, ieri, a Napoli. E
            quando le cose
            sono degenerate, molti si sono trovati nell’occhio del
            ciclone indifesi,
            senza alcuna protezione. «Agghiacciante - testimonia
            Antonio, infermiere
            romano in trasferta a Napoli - la furia dei teppisti non si
            è fermata
            nemmeno di fronte a tanta gente inerme. Hanno preso a
            sassate anche i loro
            compagni, mentre i ragazzi piangevano».
      
      giu.cri.
    
Il Mattino
      
      11/6/2001
      
    
CONCHITA SANNINO
IL CALCIO è
            un pretesto, il San Paolo un casuale ring. Il loro degenere
            "sport", un
            altro: picchiare. Colpire alle spalle, aggredire con
            bottiglie, spranghe,
            coltelli, bengala, bottigliette di benzina, schegge di
            vetro, mai a mani
            nude. Picchiare i nemici, qualunque sia la loro squadra. Ma
            soprattutto:
            centrare gli uomini in divisa o quelli in borghese, ferirne
            a grappoli,
            «fare male alle forze dell'ordine, 'e guardie».
      
      Più che
            un identikit. Queste sono parole loro, degli ultras pitbull:
            la triste
            giornata di ieri con 57 feriti, 6 arrestati, 16 denunciati,
            altri 30 giovani
            fermati e poi rilasciati conferma l' "ideologia" che uno di
            questi teppisti,
            travestiti da tifosi, affidò a Repubblica, solo pochi mesi
            fa. «La
            violenza fa parte del nostro spirito affermò spavaldo
            Violenza e
            fede. Siamo sempre contro il potere. Contro la società
            Calcio Napoli,
            contro i tifosi avversari. E contro le forze dell'ordine.
            Perché?
            Non li vogliamo in curva A. La loro presenza è una
            provocazione.
            E lo sanno. Non ci tiriamo mai indietro, si picchia».
      
      Profilo di uno
            di quei puntini della curva A («o anche la B, tanto stavolta
            era
            tutto uguale, un inferno», si foga a voce rauca, quasi
            inesistente,
            a sera, uno dei poliziotti impegnati nella guerriglia). Che
            è poi
            la descrizione anche dei 6 teppisti arrestati ieri, o dei
            16di cui tre
            minori denunciati alla fine di un'altra cupa, intollerabile
            giornata di
            scontri. Purtroppo, basta confrontare la storia di alcuni di
            questi arrestati
            con l'"ideologia" degli ultras delle periferie per capire
            che sono sempre
            gli stessi lembi di degrado e violenza, a sporcare le
            domeniche del calcio
            napoletano. Gli arrestati: Ciro Costagliola, 34 anni,
            accusato di tentato
            incendio e tentate lesioni per aver provato a incendiare un
            bus di tifosi
            romanisti con un paio di bengala; faccia non nuova, già ne
            l'99
            fu destinatario di un divieto d'accesso allo stadio, misura
            che deve aver
            solo alimentato quell'odio necessario al codice di
            sopravvivenza dei pitbull
            ultras. Ed ancora: Luigi Balestrieri, 29 anni, Vicaria, e
            Stefano Basile,
            ventenne del Vomero, presi per resistenza aggravata; Fabio
            Saggese, 23enne
            del Vomero, in manette per violenza e resistenza; e
            Salvatore Basile e
            Nunzio Monaco, 21 e 42 anni, per aver aggredito la polizia
            scientifica,
            danneggiando strumentazioni e telecamere.
      
       
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      11/6/2001
      
    
 DANIELA
            D'ANTONIO
      
      Il ritratto
            della
            follia sono quei tifosi che assaltano un'ambulanza e la
            distruggono. La
            guerra del calcio ieri ha lasciato a terra più di cinquanta
            di feriti
            tra uomini in divisa e tifosi. Sono le vittime della furia
            degli ultrà.
            Venti, tra loro, finiscono in commissariato. E non ci sono
            differenze tra
            le sciarpe di chi ha macchiato questa domenica con la
            violenza: sono giallorosse
            e azzurre. Gli occhi spiritati di chi ha lanciato pietre,
            biglie, divelto
            seggiolini e incendiato automobili sono quelli dei
            napoletani e dei romanisti.
      
      Ore 12Nella
            Stazione
            Campi Flegrei si incrociano per la prima volta i tifosi del
            Napoli e quelli
            della Roma. Due treni provenienti dalla capitale scaricano
            in stazione
            i primi duemila ultrà romanisti. Sul binario opposto la
            metropolitana
            trasporta i primi cinquecento napoletani. Insulti reciproci,
            minacce. Ma
            la stazione è blindata. Ci sono uomini in divisa dovunque. I
            giallorossi
            vengono isolati. Un cordone di poliziotti e carabinieri
            separa le due tifoserie.
      
      Ore 12,10In
            piazzale
            Tecchio arrivano gli autobus carichi di romanisti. Giungono
            dalla tangenziale
            intasata dalla rabbia e dal traffico diretto allo stadio e
            vengono parcheggiati
            a poche centinaia di metri dal San Paolo. Da qui
            proseguiranno a piedi
            tra due cordoni di poliziotti. Fino all'ingresso della curva
            riservata
            ai fans di Batistuta e Totti.
      
      Ore
            12,40All'uscita
            della Stazione dei Campi Flegrei due tifosi della Roma
            vengono accoltellati.
            Uno alla spalla e l'altro alla gamba. Per fortuna non sono
            gravi.
      
      Ore 13I tifosi
            giallorossi arrostiscono un'ora sotto il sole. Li tengono a
            bada decine
            di uomini in divisa. Chiedono acqua a chi abita ai primi
            piani dei palazzi
            che affacciano sul piazzale dello stadio. Richiesta
            esaudita. Finalmente
            arriva l'ordine di farli entrare nello stadio. Percorrono
            contromano il
            sottopassaggio di piazzale Tecchio. Esplodono i primi
            petardi e c'è
            la prima sassaiola della giornata. Entrano dal varco 33.
            Molti sono senza
            biglietto ma sfondano il cordone delle forze dell'ordine e
            riescono ad
            entrare comunque. La curva che la società azzurra ha
            riservato ai
            tifosi giallorossi è una gabbia che fa impressione: chiusa
            con una
            invalicabile rete metallica.
      
      Ore
            13,10Nonostante
            le precauzioni, però, le due tifoserie si sfiorano
            pericolosamente.
            È il caos. Ci sono altri due accoltellati. Romanisti
            anch'essi.
            Un'ambulanza viene sfasciata. Le ruote sono squarciate con
            una lama: è
            chiaro che molti di loro sono armati di coltelli.
      
      Ore
            13,30Alcune
            famiglie dirette allo stadio (settore distinti) decidono di
            tornare indietro:
            «Troppo pericoloso, c'è un clima da guerra». In via
            Lepanto vengono incendiati i cassonetti della spazzatura. Le
            fiamme si
            allargano fino ai giardinetti.
      
      Ore 13,50La
            guerra
            si sposta all'interno dello stadio. In curva A i tifosi
            napoletani smontano
            i seggiolini di plastica e li lanciano. Vengono giù anche
            bottiglie
            piene e numerosi oggetti di metallo. All'ingresso della
            stessa curva si
            ripetono le cariche della polizia.
      
      Ore
            13,50Arriva
            il pullman che trasporta i giocatori della Roma. Lo segue un
            minaccioso
            corte di motorini sin dall'hotel Royal, sul lungomare, dove
            il team ha
            alloggiato. Viene colpito da decine di biglie di vetro e un
            finestrino
            va in frantumi. Un autobus carico di tifosi giallorossi
            viene danneggiato
            da un violento lancio di pietre ai piedi della tribuna
            laterale. Ne paga
            le spese anche il furgone di una tv privata.
      
      Ore 14,40È
            il primo lancio di lacrimogeni: obiettivo la curva A da dove
            arrivano pericolosi
            oggetti diretti alla curvagabbia in cui sono chiusi gli
            ospiti. Intanto
            all'ingresso dello stadio non si contano più le cariche
            delle forze
            dell'ordine. Quattro tifosi romanisti vengono feriti,
            colpiti con un cacciavite
            da alcuni ragazzi napoletani che viaggiano su mezzi a due
            ruote. Decine
            di feriti si rivolgono all'ospedale San Paolo sono perlopiù
            romanisti.
      
      Ore
            15Finalmente
            inizia la partita. La tensione si stempera. Ma non nella
            tribuna vip: qualche
            minuto più tardi viene invasa dal fumo dei lacrimogeni. C'è
            un fuggi fuggi e molti decidono di abbandonare lo stadio.
      
      Ore
            16,55L'arbitro
            fischia la fine della partita. Il risultato lascia scontente
            tutte e due
            le tifoserie. Inizia la guerra: mentre ai tifosi giallorossi
            viene impedito
            di uscire dallo stadio, alcuni tra quelli napoletani
            mostrano il peggio
            di sé. Assaltano e incendiano un'auto dei carabinieri.
            Distruggono
            perfino un'ambulanza. La seconda della giornata. Un'auto
            nuova di zecca,
            una Opel Zefira, parcheggiata a pochi metri dal San Paolo
            viene ridotta
            ad un cumulo di lamiere bruciate: «L'abbiamo fatta
            cabriolet»,
            si vantano alcuni teppisti mentre bevono una birra al bar
            vicino. È
            violenza folle, gratuita. Alcuni tifosi azzurri si fingono
            romani, ostentano
            una parlata de Roma solo per provocare, solo per fare a
            botte. Danneggiati
            anche un pullman dei carabinieri e alcuni motorini.
      
      Ore 17,20Le
            sirene
            e le urla di chi scappa sono gli unici rumori in piazzale
            Tecchio. I romanisti
            sono ancora nello stadio. Va a fuoco un'auto della polizia
            ed altre quattro
            vetture di servizio delle forze dell'ordine vengono
            danneggiate a colpi
            di spranghe e pietre.
      
      Ore
            18,10Comincia
            un'ora di inferno. I tifosi romanisti arrivano sotto scorta
            nella stazione
            dei Campi Flegrei e la distruggono: sprangate contro i
            treni, convogli
            danneggiati. Sfasciano perfino le biglietteria e il quadro
            comandi. Non
            c'è più un vetro intatto. Quando finalmente partono per Roma
            lasciano alle loro spalle un tappeto di vetri rotti e tifosi
            amici, tifosi
            romanisti sanguinanti. Nella furia si sono colpiti tra di
            loro. Una sciarpa
            giallorossa annodata su un lampione è il trofeo che lasciano
            in
            stazione. Averla devastata è la loro conquista. Qualcuno
            dovrebbe
            accostarci anche quella azzurra. La partita con la follia è
            finita
            con un pareggio. Anche quella.
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      11/6/2001
      
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      13/6/2001
      
    
La Provincia
            di
            Como
      
      12/6/2001
      
    
 Il
            giorno
            successivo a Napoli-Roma lo passano davanti alla Questura, i
            tifosi romanisti
            identificati alla stazione di Torricola, dopo il drammatico
            viaggio di
            ritorno. In oltre quattrocento ieri hanno aspettato ore a
            via Genova per
            riavere patenti e carte d’identità. Sono parecchie centinaia
            nel
            tardo pomeriggio, molti sono qui già dalla mattina, qualcuno
            porta
            i segni sul corpo della notte trascorsa. Un ragazzo biondo
            ha un braccio
            ingessato e una ferita sulla testa, «ma non ho nessuna
            voglia di
            raccontare, non ho proprio nulla da dire, non è successo
            niente»,
            dice. Invece ha molta voglia di parlare Antonio Curatolo,
            impiegato, che
            solo per caso si è trovato sul quel treno. «Io ho
            accompagnato
            un amico romanista a vedere la partita, è la prima volta che
            vado
            in trasferta, sono juventino - spiega - siamo partiti con la
            mia Golf,
            poi all’uscita del San Paolo l’ho trovata completamente
            distrutta. Quindi
            abbiamo deciso di prendere il treno e da quel momento ci è
            successo
            di tutto». E’ un ragazzo, porta sulla schiena i segni delle
            manganellate.
            Ecco il suo racconto: «La guerriglia è iniziata alla
            stazione
            di Formia, due tifosi scendono dal treno per bere a una
            fontanella, i poliziotti
            li raggiungono e per intimorirli colpiscono con il
            manganello la fontana,
            dicendo che nessuno doveva scendere dal treno. Tutti a quel
            punto escono.
            Scoppia il delirio, un poliziotto spara». Davanti alla
            Questura i
            tifosi vogliono irrobustire il racconto, intanto i
            poliziotti in strada
            li chiamano a gruppi di cinque, a volte dieci, per la
            riconsegna dei documenti.
            «Arrivati a Torricola ci hanno lasciati fermi per oltre due
            ore -
            continua il ragazzo - poi ci hanno fatto scendere con le
            mani dietro la
            testa, gli occhi bassi. Dovete tenere gli occhi a terra,
            dicevano, avevo
            una sete pazzesca, ho chiesto da bere, mi hanno risposto
            male, io ho fatto
            lo stesso e allora sono arrivate le manganellate». Mario
            Bertoni,
            il suo amico, conferma il racconto e aggiunge: «Mentre
            uscivamo dai
            convogli un megafono diceva ’’Siamo autorizzati a rispondere
            a qualsiasi
            provocazione anche verbale con la violenza’’». Mauro, 26
            anni, laureando
            in ingegneria, aspetta da ore di riavere la sua patente. Ha
            una fretta
            pazzesca, deve tornare a Latina per terminare la tesi di
            laurea. «E’
            stata un’esperienza allucinante - spiega -ci hanno trattato
            in una maniera
            assurda, come bestie. Capisco anche i poliziotti hanno avuto
            grandi difficoltà,
            però il servizio di sicurezza è stato organizzato molto
            male.
            Ad esempio, all’uscita del San Paolo fino alla stazione
            nessuno ci ha scortato,
            dalle finestre ci è arrivato addosso di tutto». Con lui
            Paolo,
            il suo migliore amico, ufficiale dell’esercito. «Quando mi
            hanno
            chiesto i documenti ho consegnato il mio tesserino militare
            - dice - ma
            è stato peggio, mi hanno deriso perché indossavo la
            maglietta
            di Totti. Cosa fai qui nel treno dei tifosi?, mi hanno
            chiesto. Come se
            un ufficiale non potesse tifare per la Roma. Ci hanno
            lasciato per ore
            nel treno, senza bere, con i finestrini chiusi. Ecco, io
            credo di poter
            dire che questa trasferta napoletana è stata organizzata
            malissimo,
            quello che è accaduto è la conseguenza della
            disorganizzazione».
      
      Cristiano, 19
            anni,
            studente del liceo scientifico, aspetta da ore per riavere
            la patente e
            ha fretta, tanta. «I miei genitori non sanno che sono qui -
            racconta
            - ecco io non capisco perché ci siamo trovati in mezzo a
            questi
            disordini. Noi volevamo solo tornare a casa, volevamo solo
            questo».
    
Il Corriere
            della
            Sera ed. Roma 12/6/2001
      
    
Il Corriere
            della
            Sera ed. Roma
      
      11/6/2001
      
    
 ERANO
            centinaia,
            ad aggredire e distruggere. Il dopo partita conta invece
            soltanto 18 arresti
            e 16 denunce. Una minoranza, cui si aggiungono una trentina
            di persone
            identificate e rilasciate. Queste le cifre nel dettaglio.
      
      La polizia ha
            arrestato
            6 persone e ne ha denunciate 16, tra cui 2 minorenni. I
            carabinieri hanno
            arrestato 12 persone. Di queste, 10 sono accusate di
            danneggiamento e resistenza
            aggravata a pubblico ufficiale. Uno solo il romanista
            arrestato, 2 i minorenni.
            Due, invece, bloccati per furto.
      
      Casi di
            sciacallaggio:
            hanno rubato numerose autoradio dalle vetture in sosta nei
            parcheggi intorno
            allo stadio.
      
      E ieri i primi
            3 processi per direttissima con altrettante condanne, tutte
            patteggiate:
            1 anno e 10 mesi per Antonio Saggese; 1 anno e 8 mesi per
            Nunzio Monaco
            e Salvatore Basile. Questi ultimi due, in aula, hanno
            respinto le accuse,
            affermando di essere due abituali rivenditori di bibite del
            San Paolo e
            di esser stati scambiati dai napoletani per tifosi
            romanisti. Per tutti,
            pena sospesa e scarcerazione. Oggi dovrebbero celebrarsi
            altri processi
            per direttissima.
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      12/6/2001
      
    
Terrore
                sui binari di Campi Flegrei
        
        Distrutte
                trenta auto, sequestrate arance con lamette.
        
        Il
                treno del rientro bloccato a Formia dai teppisti:
                poliziotto accoltellato
 DANIELA
            DE
            CRESCENZO
      
      Una giornata
            drammatica.
            Una giornata di lacrime e di paura, di teste rotte e di auto
            in fiamme.
            Una giornata che nemmeno i numeri, già di per sé terribili,
            dei feriti (58 tra i quali una ventina di agenti), degli
            arrestati (18)
            e dei denunciati (16 tra i quali tre minorenni) riescono a
            raccontare.
            Una giornata che si è conclusa con la distruzione della
            stazione
            Campi Flegrei ad opera dei romanisti. La cui violenza s’è
            scatenata
            anche durante il rientro nella Capitale.
      
      Alle 11 il
            primo
            allarme: piazzale Tecchio è stato invaso dai teppisti in
            motorino
            che hanno aperto la caccia al romanista, accoltellando i
            primi quattro
            «avversari». Gli agenti hanno cercato di fermarli, e sono
            cominciati
            i tafferugli, sedati in pochi minuti. Un altro gruppo ha
            lanciato biglie
            contro il bus dei giocatori della Roma. Primi bagliori di un
            fuoco destinato
            ben presto a divampare. In poco più di due ore il servizio
            d’ordine
            è saltato: impossibile controllare gli 8mila tifosi
            romanisti arrivati
            con tre diversi treni; pullman, pulmini e auto. Da giorni i
            bagarini vendevano
            biglietti ai supporter della squadra giallorossa. Biglietti
            per la tribuna
            ospiti, ma anche per i distinti, per la tribuna numerata, e
            perfino per
            la curva A, quella degli ultrà napoletani più arrabbiati.
            All’una i primi sostenitori di Capello e soci erano già alla
            stazione
            dei Campi Flegrei, intorno alle 13,30 è arrivato un altro
            treno.
            Gli agenti del commissariato San Paolo, supportati da uomini
            di molti altri
            commissariati, Digos, carabinieri, vigili urbani (in tutto
            le unità
            in servizio erano però meno di mille) li hanno scortati allo
            stadio.
            Ed è stato subito chiaro che la situazione era più che
            difficile.
            Impossibile stipare tutti i romanisti nella «gabbia»
            preparata
            nei giorni scorsi, è stato necessario dirottarli nella
            tribuna «Nisida»,
            dove però era impossibile evitare il contatto con i
            napoletani.
      
      E mentre si
            organizzava
            il trasferimento dei tifosi, è cominciato l’inferno: i
            romanisti
            che già avevano occupato i posti in tribuna hanno cominciato
            a caricare
            i poliziotti: hanno lanciato pietre, biglie, bottiglie
            (sequestrate anche
            arance con lamette), poi hanno letteralmente «caricato» gli
            agenti, scagliando contro di loro transenne, pezzi dei
            servizi igienici
            e perfino la lettiga di un’autoambulanza. Gli agenti hanno
            sparato candelotti
            lacrimogeni e la situazione è ritornata tranquilla. Mentre i
            primi
            contusi si facevano medicare si sono scatenati i napoletani
            della curva
            A, sui carabinieri sono volati i sediolini strappati dagli
            spalti. In pochi
            minuti gli incidenti si sono diffusi all’esterno dello
            stadio. I romanisti
            sono stati trasferiti alla «Nisida» ed è cominciata
            la partita. Novanta minuti di relativa tranquillità per le
            forze
            dell’ordine e per gli abitanti di Fuorigrotta, rimasti poi
            per molte ore
            assediati dalla guerriglia. Guerriglia ripresa allo scadere
            del novantesimo.
            I giallorossi, lasciati in attesa in tribuna mentre gli
            agenti cercavano
            di mandare a casa i teppisti napoletani che organizzavano
            raid all’esterno,
            sono diventati impazienti e dopo una mezz’ora hanno forzato
            i cancelli
            e si sono riversati sul piazzale. Un ragazzo a volto coperto
            ha infranto
            i vetri di una volante, con una transenna ha cercato di
            distruggerla e
            poi l’ha data alle fiamme. La fiumana ha invaso piazzale
            Tecchio e sono
            ripresi, più violenti che mai, gli scontri. Il fumo dei
            lacrimogeni
            ha invaso la piazza. Poi i romanisti sono arrivati alla
            stazione lasciando
            dietro di sè una lunga scia di auto e moto incendiate.
            Infine si
            sono scagliati contro i vetri della stazione, distruggendo
            tutto quello
            che hanno trovato. Treni danneggiati, il traffico
            ferroviario è
            rimasto bloccato per più di due ore. Alle 20 il primo
            convoglio
            si è avviato verso Roma... Ma già alle 21 arrivavano le
            prime
            notizie di un treno bloccato a Formia dai teppisti che, dopo
            aver azionato
            il freno d’emergenza, hanno iniziato a lanciare sassi e a
            devastare la
            stazione. Accoltellato un poliziotto della Polfer di Roma di
            scorta ai
            tifosi, un altro ferito durante i tafferugli. Quando tutti
            sono risaliti
            sul treno, s’è deciso di dirottare il convoglio nella
            stazione di
            Torricola per l’identificazione di tutti i passeggeri,
            operazioni coordinate
            direttamente dal questore di Roma, Giovanni Finazzo, che si
            è recato
            sul posto. Saccheggiati alcuni autogrill della Roma-Napoli
            dove s’erano
            fermati i pullman con i romanisti.
    
Il Mattino
      
      11/6/2001
      
    
di DAVIDE DESARIO
Era
            un’occasione
            ghiotta. E i teppisti, che si definiscono tifosi della
            Lazio, non se la
            sono fatta scappare. Quella che era una domenica
            particolare, fatta di
            tensione e trepidante attesa per i risultati del campionato
            di calcio,
            è stata puntualmente rovinata da tafferugli, attentati
            incendari,
            pestaggi e aggressioni. Alla fine il bollettino di guerra
            parla chiaro:
            4 automobili di vigili e polizia danneggiate, 5 arresti tra
            i tifosi e
            6 feriti.
      
      Che la
            situazione
            potesse degenerare da un momento all’altro lo si capisce
            subito. La tensione
            è nell’aria fin dalle prime ore del pomeriggio. L’Eur e
            l’Ostiense
            sono tutti giallorossi e i tifosi laziali che lo
            attraversano per raggiungere
            lo stadio non vengono visti di buon occhio. Come una giovane
            in sella al
            suo scooter che viene presa a male parole da alcuni ultrà
            della
            Roma soltanto perchè indossa una scirpetta della Lazio. Ma
            avvicinandosi
            all’Olimpico le parti si invertono e gli animi si scaldano.
            A salvare da
            un manipolo di tifosi laziali un ragazzo che indossava la
            maglietta di
            Totti è un semaforo verde che gli permette di sgattaiolare
            via con
            il suo motorino. In piazza Mancini, a pochi passi dal
            capolinea degli autobus,
            qualcuno lancia una molotov contro un bar. Sono attimi di
            paura ma per
            fortuna la bottiglia incendiaria non ferisce nessuno. A
            pochi passi dai
            cancelli della Curva Nord altri assurdi attacchi. Ad essere
            presi di mira
            questa volta sono i vigili urbani: un commando di teppisti
            si scaglia contro
            la loro auto, la prende a sprangate, cerca di incendiarla
            fino a quando
            non scatta una carica dei carabinieri. Passano pochi minuti
            ed è
            di nuovo guerriglia: un vigile urbano viene violentemente
            aggredito a colpi
            di mazza, cade in terra e viene soccorso e trasportato al
            “San Giacomo".
      
      Alle 15,
            finalmente,
            l’arbitro Collina fischia l’inizio del match. Ma sembra un
            incontro a porte
            chiuse. La Curva Sud è semideserta, nelle tribune sono più
            i posti liberi che quelli occupati. L’unico settore
            stracolmo è,
            come sempre, la Curva Nord che però resta in silenzio e fa
            parlare
            soltanto una serie di striscioni contro la società e il
            presidente
            Cragnotti. A distendere gli animi ci pensano i risultati.
            Prima quello
            della Lazio che passa in vantaggio e poi quello del San
            Paolo con il gol
            del Napoli che fa letteralemente esplodere l’Olimpico. La
            felicità,
            però, dura appena cinque minuti. A far tornare le nuvole
            sulla domenica
            dei biacazzurri ci pensano Batistuta e Totti che in un
            quarto d’ora capovolgono
            la partita. Ma è una altalena di emozioni. Arrivano altre
            due reti
            della Lazio e quando ormai tutto sembrava ormai decisoi,
            arriva l’incredibile
            pareggio del Napoli. All’Olimpico è di nuovo festa. Gioia
            per molti
            ma evidentemente non per tutti. Un commando di teppisti:
            sono una cinquantina,
            hanno il viso coperto dalle sciarpe e sono armati di
            bastoni, catene, colli
            di bottiglie, sassi e pugni di ferro. Davanti ai cancelli
            della Sud si
            imbattono in due poliziotti e li assalgono prima ancora che
            questi possano
            scappare. Resta ferita anche una straniera travolta dai
            facinorosi. E’
            guerriglia. Arrivano i rinforzi: poliziotti e carabinieri in
            assetto antisommossa.
            Partono le cariche e i teppisti rispondono con una
            sassaiola, poi ancora
            scontri con gli pseudotifosi che avanzano facendosi scudo
            con le transenne
            che perimetravano il parcheggio dei motorini.
      
      Alla fine la
            polizia
            arresta 5 persone per lesioni e danneggiamenti e rapina.
            Alle 18 è
            tutto finito. O quasi: mentre la Digos perquisisce i loro
            apparatmenti
            e sequestra bandiere e documenti di estrema destra, alla
            stazione Termini
            sulla banchina della linea B tifosi di Roma e Lazio si
            lanciano contro
            di tutto. L’unico ferito è un ragazzo colpito ad un occhio e
            ricoverato
            in ospedale. «Grazie all’efficace coordinamento tra i vigii
            e le
            altre forze di polizia - si è complimentata in serata
            l’assessore
            capitolino alla Sicurezza, Liliana Ferraro - si è potuto
            subito
            arrivare all’individuazione e alla denuncia dei responsabili
            degli scontri
            al’Olimpico».
      
       
    
Il Messaggero
      
      11/6/2001
      
    
 GIUSEPPE
            CRIMALDI
      
      Fedeli alla
            tradizione
            dei loro avi, che nell’arte della guerra erano maestri,
            hanno scelto un
            campo di battaglia ampio, facile da aggredire perché ridotto
            a un
            grande rettangolo indifeso, libero - per quanto le forze
            dell’ordine lo
            potessero controllare - su tutti e quattro i lati.
      
      È qui, in
            quell’area delimitata nei punti cardinali dallo stadio, la
            Mostra d’Oltremare,
            la stazione dei Campi Flegrei e viale Augusto, che i tifosi
            romanisti hanno
            dato il peggio del peggio di un repertorio purtroppo già
            noto a
            molti dopo-partita. Qui hanno sfogato una rabbia
            ingiustificata e incomprensibile,
            lasciando sul campo i segni di una guerriglia scatenata
            subito dopo il
            novantesimo minuto di Napoli-Roma.
      
      Adrenalina
            pura,
            accumulata da giorni, fermentata nel catino del San Paolo
            dai raggi di
            un un sole africano. E i risultati della guerriglia
            metropolitana sono
            tutti in un bilancio che ha continuato ad aggiornarsi di ora
            in ora, dalle
            prime ore della mattinata e per tutta la serata di ieri.
      
      Tangenziale
            off-limits.
            I primi bagliori di guerra erano cominciati a lampeggiare
            all’altezza dello
            svincolo di Fuorigrotta della Tangenziale. Protagonisti di
            una fitta sassaiola
            contro alcune autovetture targate Roma alcuni tifosi
            napoletani che avevano
            scelto come punto strategico per i loro lanci il cavalcavia
            di via Cinthia.
            Risultato: una decina di autovetture danneggiate e, tra
            queste, un fuoristrada
            semidistrutto nel sottopasso.
      
      Volante in
            fiamme.
            Pesante anche il bilancio per alcuni mezzi in dotazione alle
            forze dell’ordine.
            Prima dell’inizio della partita un gruppo di teppisti ha
            incendiato un’auto
            della polizia; le fiamme hanno raggiunto anche un albero, e
            solo grazie
            all’intervento dei vigili del fuoco non si è propagato ad
            altri
            automezzi parcheggiati nei pressi dello stadio; poco dopo, è
            toccato
            ad una gazzella dei carabinieri, semidistrutta a colpi di
            spranga. Ma i
            danni non hanno riguardato solo i mezzi delle forze
            dell’ordine. Nel corso
            degli scontri, infatti, sono state danneggiate anche molte
            autovetture
            civili (il primo bilancio parla di una trentina di veicoli)
            parcheggiate
            nei pressi del San Paolo.
      
      Cassonetti
            distrutti.
            In questa drammatica sequenza di immagini non potevano
            mancare le scene
            di devasatzione generale. La furia dei tifosi ha coinvolto
            tutto quello
            che capitava a tiro: vetrine di negozi, fioriere e,
            naturalmente, cassonetti
            per la raccolta dei rifiuti, molti dei quali sono stati dati
            alle fiamme.
      
      Terrore sui
            binari.
            Ma è nel tardo pomeriggio che la situazione degenera e
            rischia di
            precipitare. Il match è ormai finito da oltre un’ora e mezza
            e le
            forze dell’ordine hanno il loro bel da fare per contenere
            l’ondata giallorossa
            che deve raggiungere la stazione dei Campi Flegrei, dove
            sono pronti i
            convogli che riporterà i tifosi nella Capitale. Gli scontri
            riprendono,
            questa volta all’interno della stazione: ricompaiono le
            spranghe, le pietre,
            i vetri rotti, il fuggi fuggi. I lacrimogeni; qualcuno
            riesce addirittura
            a mani nude a sradicare le obliteratrici.
      
      Pietre contro
            il
            treno. L’ultimo atto si consuma sui binari, a pochi metri
            dal treno speciale
            destinato ai romanisti. Le spranghe e i sassi volano contro
            i finestrini,
            e in breve la piattaforma si trasforma in un lungo tappeto
            di vetri rotti;
            poi tocca alle porte del convoglio, sradicate dagli
            alloggiamenti. Negli
            scontri c’è anche qualcuno che - non sapendo più che fare
            - se la prende con la massicciata di pietra della stazione,
            rimuovendola
            in più parti.
      
       
    
Il Mattino
      
      11/6/2001
      
    
Il Corriere
            della
            Sera
      
      11/6/2001
      
    
 «Sono
            molto soddisfatto per quanto è successo a San Giovanni».
            Così
            Walter Veltroni ha commentato il raduno romanista di
            domenica. Dall'ospedale,
            dove è ricoverato dopo essere stato operato di appendicite,
            il sindaco
            ha voluto mandare un messaggio ai tifosi giallorossi: «La
            festa di
            San Giovanni ha permesso a migliaia di persone di assistere
            alla partita
            e alla città di vivere un'importante giornata di sport. Sono
            grato
            ai tifosi giallorossi per aver reso il pomeriggio di
            domenica un momento
            sereno e tranquillo», ha detto il sindaco. «Questa scelta ha
            permesso che Roma vivesse con serenità un evento sentito da
            tutta
            la città e ha impedito, evitando un ulteriore afflusso di
            tifosi
            romanisti a Napoli, l'eventualità di più gravi incidenti»,
            ha concluso il sindaco.
      
      Intanto
            continuano
            le polemiche dopo i furiosi incidenti che hanno visto
            protagonisti i tifosi
            giallorossi. Al termine della partita quattrocento romanisti
            non hanno
            trovato i dieci pullman con cui erano arrivati allo stadio
            san Paolo e
            con cui dovevano tornare nella capitale. A bordo avevano
            lasciato carte
            di credito, soldi, libretti di assegni, telefoni cellulari,
            chiavi di auto.
            I titolari delle ditte napoletane interessate replicano di
            essere stati
            insultati dai romanisti, soltanto perché napoletani, durante
            tutto
            il viaggio. Per questo se ne sarebbero andati. Il materiale
            rimasto sui
            pullman è stato restituito ai proprietari.
    
La Repubblica
      
      12/6/2001
      
    
MILANO - Napoli multato di 25 milioni. Alla società partenopea è stata comminata la sanzione per il lancio di bottiglie di plastica piene d'acqua e rotoli di carta igienica sul terreno di gioco: questo è quanto ha deciso oggi il giudice sportivo in merito ai fatti di Napoli-Roma. Il comportamento violento dei tifosi della Roma (società già diffidata, e quindi a rischio di squalifica del campo) non é stato e non poteva essere oggetto dell'esame del giudice sportivo. Il giudice infatti si attiene esclusivamente al referto arbitrale, relativo a tutto ciò che l'arbitro può aver visto e non ai fatti avvenuti fuori dal campo.
Il Nuovo
      
      11 GIUGNO
            2001,
            ORE 16:30
      
    
Guerriglia
              a Napoli.
              Già dal mattino si apre la “caccia” ai tifosi giallorossi.
              Biglie
              d’acciaio contro i vetri del pullman della Roma
        
        Vergogna
                ultrà
        
        57 feriti,
              devastati
              treni e stazioni, auto incendiate
 dal
            nostro
            inviato
      
      EZIO PASERO
    
NAPOLI — Tre
            ore
            e mezzo dopo la fine della partita, l’elicottero della
            polizia è
            ancora fermo in verticale sopra la stazione dei Campi
            Flegrei devastata.
            Dentro c’è un treno carico di tifosi giallorossi che non può
            partire perché sono state divelte le porte. Fuori,
            tutt’intorno,
            ci sono ancora scontri sporadici, incendi, distruzioni.
            L’intera zona del
            San Paolo trasformata in un campo di battaglia, di
            guerriglia insensata
            e criminale. Peggio delle peggiori previsioni della vigilia,
            quando a preoccupare
            erano soprattutto i gruppi di tifosi napoletani più
            irriducibili.
            E invece al termine della partita sono una parte di quelli
            romanisti, delusi
            da una vittoria sfumata quando ormai sembrava a portata di
            mano, a scatenare
            tutta la loro furia. Più del bilancio dei feriti, che in
            serata
            saranno 57, anche se fortunatamente nessuno grave, e
            dell’incerto numero
            degli arrestati, è l’ammontare dei danni dentro e fuori lo
            stadio
            a lasciare sconcertati: otto automezzi (uno della polizia,
            uno dei carabinieri
            e sei di tifosi romani) dati alle fiamme, una trentina di
            automobili civili
            danneggiate, vetrine di negozi infranti, focolai di incendio
            ovunque. E,
            soprattutto, la stazione ferroviaria dei Campi Flegrei, a
            poche centinaia
            di metri dallo stadio, devastata in modo inimmaginabile: non
            solo tutti
            i vetri sono in frantumi, ma anche il quadro comandi del
            traffico ferroviario
            è distrutto, le macchinette obliteratrici tutte rotte, le
            pietre
            della massicciata rimosse e lanciate contro le forze
            dell’ordine. Nella
            loro furia, i teppisti prendono a sassate anche i loro
            compagni, compreso
            un gruppetto di ragazzini che si sono rifugiati terrorizzati
            e in lacrime
            in uno degli uffici della stazione davanti ai binari. Una
            donna delle pulizie
            viene colta da malore e l’ambulanza venuta a prenderla per
            portarla in
            ospedale fatica ad allontanarsi dalla stazione.
      
      Sono soltanto
            le
            11 del mattino quando si capisce che sarà una domenica
            difficile.
            Decine e decine di giovinastri armati di oggetti contundenti
            di qualsiasi
            tipo, a cavallo di scooter e motorini, animano Piazzale
            Tecchio e le strade
            circostanti, tutt’intorno allo stadio, con un carosello
            infernale. Caccia
            a tutto ciò che è giallorosso. Insulti, minacce, botte.
            Poliziotti
            e carabinieri in tenuta antisommossa li inseguono, li
            disperdono, li affrontano
            in un susseguirsi di brevi scontri e rapide fughe. Un paio
            d’ore prima
            dell’inizio della partita sono già 14 i feriti, 7 agenti di
            polizia
            e altrettanti tifosi della Roma. Nessuno è grave, massimo 15
            giorni
            di prognosi, ma un paio sono stati accoltellati. E i vigili
            urbani raccolgono
            per terra insoliti e micidiali proiettili: arance con
            conficcate, metà
            dentro e metà fuori, alcune lamette da barba. Quando il
            pullman
            con i giocatori della Roma, circondato da teppisti in
            ciclomotore che inveiscono
            contro di loro, sta per imboccare il sottopassaggio per il
            parcheggio interno
            dello stadio, due biglie metalliche colpiscono e scheggiano,
            senza però
            perforarlo, il primo finestrino anteriore della fiancata
            destra, proprio
            in corrispondenza della poltrona dove è seduto Capello.
      
      Non si sono
            ancora
            spente le note dell’Inno di Mameli, dopo che gli
            altoparlanti hanno diffuso
            un messaggio del presidente della Repubblica Carlo Azeglio
            Ciampi sullo
            sport come occasione di fratellanza, che dalle curve A e B
            piovono sulle
            forze dell’ordine proiettili di ogni tipo. E tuttavia la
            partita si svolge
            regolarmente, senza problemi. Ma più dell’urlo di gioia dei
            tifosi
            napoletani, quando arriva il gol del due a due, stordisce il
            silenzio improvviso
            di quei cinquemila giallorossi stipati come animali nella
            tribuna ospiti.
            Sfuma la festa per lo scudetto e monta la furia. «I tifosi
            ospiti
            sono pregati di rimanere all’interno dello stadio al termine
            della partita»,
            è la raccomandazione rilanciata tre volte dagli
            altoparlanti. Ma
            neppure mezz’ora più tardi gli ultrà giallorossi sfondano
            i posti di blocco e attaccano le forze dell’ordine. Sassi,
            spranghe, razzi
            incendiari. Polizia e carabinieri rispondono con cariche e
            lacrimogeni,
            la grande piazza davanti allo stadio diventa un inferno.
            Alcuni pullman
            vengono caricati di tifosi e fatti partire a forza. Ma non
            era certo finita
            lì. Un tifoso romanista, che rientrava nella capitale
            assieme a
            circa 800 ultrà giallorossi, ha accoltellato un poliziotto
            quando
            il convoglio era nei pressi della stazione di Formia. Il
            treno è
            stato dirottato nella stazione di Torricola, dove polizia e
            carabinieri
            hanno identificato tutti i tifosi a bordo. Il poliziotto
            della Polfer di
            Roma di scorta ai tifosi è stato ferito ad una gamba:
            guarirà
            in una decina di giorni. L'aggressione è avvenuta fra le
            20.30 e
            le 21 quando il treno era fermo alla stazione di Formia.
            Alcuni tifosi
            sono scesi: qualcuno ha danneggiato il bar e i locali della
            stazione, mentre
            un altro ha aggredito il poliziotto. Quando tutti sono
            risaliti sul treno
            e il convoglio è ripartito è stato deciso di farlo fermare
            nella stazione di Torricola, alla periferia della capitale,
            dove è
            giunto poco prima delle 23. Da allora sono in corso le
            operazioni di identificazione
            di tutti i passeggeri, operazioni coordinate direttamente
            dal questore.
      
      Problemi anche
            in alcuni autogrill dell'autostrada Roma-Napoli dove si sono
            fermati i
            pullman dei sostenitori romanisti. Saccheggiati, in
            particolare, quelli
            di Casilino nord e La Macchia.
      
       
    
Il Messaggero
      
      11/6/2001
      
    
La Repubblica
            ed.
            Napoli
      
      12/6/2001
      
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