LA ROMA E' UNA COSA SERIA
(Angelica R.)
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La Roma è una cosa seria  

Le pratiche di un ultras alla luce del concetto di cultura come sapere appreso, condiviso e simbolico.

Qualche giorno fa, mentre rileggevo gli appunti presi durante le lezioni di questo corso, ho ripensato, casualmente, ad una discussione avvenuta un mese fa circa tra me e Claudio, il ragazzo con il quale sono fidanzata. In quel momento è come se si fosse accesa una lampadina nella mia mente, un input sufficiente a farmi riflettere in merito all’accaduto con uno sguardo diverso, filtrato dalle conoscenze acquisite durante le lezioni. Il piccolo scontro tra me e Claudio è stato scatenato da alcune mie osservazioni su una sua scelta, che a me sembrava poco sensata. In quella circostanza Claudio, di domenica mattina, era partito per Torino per seguire la partita tra Juventus e Roma che si sarebbe disputata la sera stessa all’Allianz Stadium. Il ritorno a casa era previsto immediatamente dopo il termine del match.  Quindi il nostro ultras romanista avrebbe trascorso la notte in macchina, per mettere piede nella capitale solo all’alba del giorno successivo (e così è stato). Durante il viaggio di andata, al telefono, dalla mia bocca sono uscite le parole “tu sei completamente folle”, seguite da “io una cosa del genere non la farei mai”, che hanno dato vita ad un acceso confronto: da un lato io difendevo il mio diritto a dire la mia opinione ed esprimere un punto di vista, dall’altro Claudio non capiva quale fosse la ragione di ribadire un pensiero simile, considerando che la cosa “che io non avrei mai fatto”, non la stavo facendo io ma lui, e che quindi non aveva senso sottolinearlo. Ripensando a tutta questa faccenda, ho riflettuto sul fatto che avrei potuto applicarvi alcuni dei principi appresi con il corso di Antropologia Culturale, per esplorare un altro punto di vista da una prospettiva diversa dalla mia e accettarla, pur non condividendola. Nella pratica, è necessario che io trasformi il mio approccio da thin a thick, ovvero che io mi lasci alle spalle un modo di osservare filtrato dalle mie categorie analitiche e per forza di cose limitante nell’interpretazione del “diverso”, e che acquisisca il punto di vista dell’attore sociale osservato, cercando di ricostruire le sue categorie analitiche. Bisogna capire da dove nasca la fervida passione di Claudio per il calcio e, in particolare, il suo legame con la Roma, bisogna ricostruire il contesto culturale nel quale egli ha sviluppato il suo modo di vivere questa passione e, infine, avere un’idea chiara di cosa rappresenti per lui la Roma e quindi riconoscere l’importanza che viene attribuita a determinate pratiche.

I miei commenti hanno suscitato in lui una reazione avversa proprio perché non ho tenuto in considerazione il fatto che, quella che per me è una manifestazione esagerata della propria passione, in realtà possa avere per lui un significato ben definito, stabilito all’interno della cultura di riferimento. Insomma, ho cercato di sminuire una pratica solo perché fuori dal mio orizzonte culturale.

In Claudio questo sfrenato amore per la Roma viene da lontano. Suo padre e, ancor di più, suo nonno erano grandi tifosi abituati a frequentare lo stadio praticamente da sempre, cosa che hanno trasmesso al piccolo Claudio, che ha sviluppato fin da subito un modo di pensare uguale al loro. Si può dire che egli abbia subito un’inculturazione in quel contesto, ovvero che egli ritenga normali e scontate determinate pratiche apprese come componente di una famiglia in cui ci si identificava come tifoso della Roma, in cui la domenica pomeriggio voleva dire “Roma” e per questo ci si riuniva a casa dei nonni per guardare le partite in tv oppure si andava allo stadio; insomma, un’effettiva tradizione di famiglia. Inoltre, è fondamentale sapere che Claudio, ormai da un decennio circa, ha perso sia suo padre che suo nonno che, oltre ad essere dei punti di riferimento, sono state le principali fonti di trasmissione della tradizione, ora pregna di una forte carica emotiva legata al ricordo di quelle figure e che può continuare ad essere portata avanti solo da lui. Accanto alla sfera familiare, la frequentazione dello stadio ha contribuito a forgiare il suo modo di identificarsi come tifoso. Avendo iniziato a militare nella curva sud nei primi anni della sua adolescenza al fianco dei suoi amici, insieme ai quali costituiva un gruppo impegnato in casa e nelle trasferte, ha cominciato a identificarsi sempre di più come un ultras, acquisendo una “mentalità di curva”, tipica di quella che può essere definita un’autentica “cultura ultras”, che accomuna i diversi gruppi impegnati nel sostegno della propria squadra. Attraverso il contatto con tale ambiente Claudio ha potuto apprendere un modo ancora più intenso di vivere l’amore per la squadra, caratterizzato dall’impegno che il gruppo metteva ogni giorno nella realizzazione di imponenti scenografie in vista delle partite, nell’organizzazione delle trasferte, nella partecipazione attiva con il proprio canto. Aspetti fondamentali che prescindono da qualsiasi risultato: la voglia di assistere ad una partita infatti passa in secondo piano, a favore di un vero e proprio sacrificio per il tifo. Questo modo di vivere il tifo è condiviso, anche se non in modo omogeneo, all’interno della curva ed esistono delle regole di comportamento da seguire, trasmesse a chi ne fa parte e fatte rispettare rigorosamente.

Mi trovo di fronte ad una forma di sapere culturale, appreso, condiviso e simbolico:

-         Claudio ha appreso la cultura di “tifare la Roma” in modo informale, attraverso il contatto con la propria famiglia e l’abitudine a comportarsi in quel modo, e in modo formale, imparando le regole di comportamento di curva;

-         I componenti dei vari gruppi ultras e, in generale, della curva fanno del sostegno verso la squadra il loro obiettivo primario, che li accomuna e contribuisce a creare in loro un senso di collettività attraverso varie pratiche che vengono messe in atto. Ciò significa che il sapere è condiviso da un gruppo di persone, ma non pienamente, poiché, come ho già detto, al proprio interno la curva è suddivisa in gruppi con sfumature diverse tra loro.

-         Il sapere è simbolico, infatti se da me il viaggio di Claudio è significato uno spreco di tempo, energia e benzina, per un qualunque ultras significa tutto il contrario. Ci sono gesti, pratiche, oggetti e parole a cui viene attribuito un significato particolare, che non è lo stesso di chi vede quelle cose da estraneo a quel sapere culturale.

È solo dopo aver preso in considerazione il contesto di riferimento che si può arrivare a comprendere un certo modo di ragionare. Non essendo cresciuta e vissuta nello stesso ambiente di Claudio, non essendo abituata a dare importanza a certi valori e, soprattutto, adottando inizialmente un atteggiamento etnocentrico, il mio punto di vista è ovviamente lontano da suo. Cercando di abbandonare i pregiudizi che il mio bagaglio culturale mi costringe a portare con me e leggendo l’avvenimento con l’intenzione di capire l’altro, ecco che ciò che prima risultava troppo diverso per essere compreso, diventa un po’ più limpido. Tutto quello che ho utilizzato per realizzare questa thick description mi era stato tante volte raccontato da Claudio, ma non avevo mai compiuto lo slancio che mi avrebbe permesso di andare a fondo e capire il perché di certe cose. Mi sono inoltre accorta di quanto l’antropologia abbia un ampio ramo di applicazione: non c’è stato bisogno di cercare l’esotico, ma è stato sufficiente andare oltre la mia pelle.



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