ALLARME WEB
NELLA RIFORMA DELL’EDITORIA SI PREVEDE L’ISCRIZIONE OBBLIGATORIA ANCHE PER PICCOLI SITI E BLOG (SANZIONI PENALI PIÙ FORTI IN CASO DI DIFFAMAZIONE) 
- LEVI: “NON È QUESTO LO SPIRITO. 
IL SITO DI GRILLO? DECIDERÀ L'AUTORITÀ”…
Aldo Fontanarosa per “la Repubblica”
Consiglio dei ministri del 12 ottobre: il governo approva e manda all'esame del Parlamento il testo che vuole cambiare le regole del gioco del mondo editoriale, per i giornali e anche per Internet. E' un disegno di legge  complesso, 20 pagine, 35 articoli, che adesso comincia a seminare il panico in Rete. Chi ha un piccolo sito, perfino chi ha un blog personale vede all'orizzonte obblighi di registrazione, burocrazia, spese impreviste.  Soprattutto teme sanzioni penali più forti in caso di diffamazione. 
Articolo 6 del disegno di legge. C'è scritto che deve iscriversi al ROC, in uno speciale registro custodito dall'Autorità per le Comunicazioni, chiunque faccia "attività editoriale". L'Autorità non pretende soldi per l'iscrizione, ma l'operazione è faticosa e qualcuno tra i certificati necessari richiede il  pagamento del bollo. Attività editoriale - continua il disegno di legge - significa inventare e distribuire un "prodotto editoriale" anche senza guadagnarci. E prodotto editoriale è tutto: è l'informazione, ma è anche qualcosa che "forma" o "intrattiene" il destinatario (articolo 2). I mezzi di diffusione di questo prodotto sono sullo stesso piano, Web incluso
Scritte così, le nuove regole sembrano investire l'intero pianeta Internet, 
anche i siti più piccoli e soprattutto i blog. E' così, dunque? Ricardo Franco Levi, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e padre della riforma, sdrammatizza: "Lo spirito del nostro progetto non è certo questo. Non abbiamo interesse a toccare i siti amatoriali o i blog personali, non sarebbe praticabile" (non sarà questo, ma allora il disegno di legge è mal scritto: basta leggerlo per capire che quel che scrive Aldo Fontanarosa è vero)
Un esempio concreto, però: il blog di Beppe Grillo verrà toccato dalle nuove norme? Anche Grillo dovrà finire nel registro ROC? "Non spetta al governo stabilirlo - continua Levi - Sarà l'Autorità per le Comunicazioni a indicare, con un suo regolamento, quali soggetti e quali imprese siano tenute davvero alla registrazione. E il regolamento arriverà solo dopo che la legge sarà stata discussa e approvata dalle Camere"
Insomma: se una stretta ci sarà, questa si materializzerà solo tra molti mesi, dopo il passaggio parlamentare e dopo il varo del regolamento 
dell'Autorità. Ma nell'attesa vale la pena di preoccuparsi. Perché l'iscrizione al ROC - almeno nella formulazione attuale - non implica solo carte da bollo e burocrazia. Rischia soprattutto di aumentare le responsabilità penali per  chi ha un sito. 
Spiega Sabrina Peron, avvocato e autrice del libro "La diffamazione tramite mass-media" (Cedam Editore): "La vecchia legge sulle provvidenze all'editoria, quella del 2001, non estendeva ai siti Internet l'articolo 13 della Legge sulla Stampa. Detto in parole elementari, la diffamazione realizzata attraverso il sito era considerata semplice. Dunque le norme penali la punivano in modo più lieve. Questo nuovo disegno di legge, invece, classifica la diffamazione in Internet come aggravata. Diventa a pieno una forma di diffamazione, diciamo così, a mezzo stampa"
Anche Internet, quindi, entrerebbe a pieno titolo nell'orbita delle norme penali sulla stampa. Ne può conseguire che ogni sito, se tenuto 
all'iscrizione al ROC, debba anche dotarsi di una società editrice e di un giornalista nel ruolo di direttore responsabile. Ed entrambi, editore e 
direttore del sito, risponderebbero del reato di omesso controllo su 
contenuti diffamatori. Questo, ai sensi degli articoli 57 e 57 bis del codice
penale. 
Dagospia 19 Ottobre 2007
Dunque ci siamo.
La Casta che siede nel Parlamento, si è resa conto che non è possibile che un Grillo qualsiasi, bandito da tutti i servizi audiovisivi di Regime e soltanto tramite un sito web, possa mettere in crisi la Casta stessa.
Tutto deve essere controllato: la TV è sotto controllo, dell'uno o l'altro schieramento, i giornali pure, la radio anche.
Manca il web.
Possibile che sia così libero?
Possibile che un imbecille qualsiasi si alzi, faccia un blog o un sito, questo sito acquisti popolarità tra i visitatori e osi addirittura mettere in crisi la Casta?
Certo che non è possibile e così, nel silenzio strisciante, nei primi giorni del vacanziero agosto, esce fuori questo disegno di legge che definire autoritario è un mero eufemismo.
La Corte di Cassazione, con una recentissima sentenza (n. 25138/2007), aveva definito i giornali, con un certo ottimismo, "il cane da guardia della democrazia".
Sentenza ottimista perché i giornali rispondono a loro volta al potere economico-politico e quindi, anche a voler ammettere che siano il cane da guardia della democrazia, sono comunque al guinzaglio del potere politico-economico che li sostiene o, addirittura, li fonda: altrimenti che cosa interesserebbe a un Ricucci qualsiasi di tentare la scalata al Corsera piuttosto che a qualsiasi altra società?
Comunque sia la curiosa definizione mi aveva dato lo spunto, qualche tempo fa, di dire che se ciò poteva esser vero, allora la rete web dovrebbe essere definita il leone da guardia della democrazia, perché a sua volta controlla la democraticità dei giornali, consentendo a ciascun cittadino di dire la propria su qualsiasi argomento, dal più effimero al più impegnato, senza dover per forza passare sotto le forche caudine della speranza di pubblicazione in un qualsiasi quotidiano italiano.
Quindi, mentre il cane da guardia sta a cuccia e al guinzaglio, il leone è libero nella savana.
Per la Casta - animalista solo con gli animali addomesticati - è troppo.
Tempo fa, incidentalmente, ricordammo la Birmania, nazione in cui - durante la rivolta dei monaci, non vennero di certo chiusi i giornali ("cani da guardia" di quel regime), ma venne chiuso internet, in modo che le notizie non si propagassero all'esterno.
Il disegno di legge in questione, quindi, potrebbe trovar posto, indifferentemente, in Birmania o nel Cile di vent'anni fa.
Uno Stato per essere totalitario non deve avere necessariamente un feroce dittatore. Può anche avere una Casta che - con il sorriso sulle labbra - spegne le libertà senza farlo sapere, in modo che parlino solo canali ufficiali o, comunque, controllati.
Questa è la deriva autoritaria che, sottilmente, si sta introducendo in questo Paese, nell'apparente libertà che ci circonda: liberi di fare qualsiasi cosa, ma non di esprimere le proprie opinioni.
Si è iniziato dagli stadi, si sta finendo nel web.
Per gli stadi hanno fatto la legge antiviolenza e hanno dato tutto il potere all'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive.
Per l'editoria, fanno la legge "webkiller" e daranno tutto il potere all'Autorità per le Comunicazioni.


Ricardo Franco Levi è il padre della illiberale ed autoritaria riforma, visto che è lui che ha presentato il disegno di legge in data 12 ottobre 2007.
levi_r@camera.it
*
E' ovvio che anche siti come quello del sottoscritto, creando (contro)informazione dovrebbero essere chiusi, visto che non sono giornalista. Ma soprattutto, ferma restando la mia esclusiva responsabilità per ciò che scrivo o pubblico, non ho alcuna intenzione di "mandare il fax" per esercitare un sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione. Piuttosto metto il sito su un server di uno Stato più democratico. Su uno birmano, ad esempio!
Il potere nelle dittature "democratiche" adotta il camuffamento dell'obiettivo turpe con una "glassa" di buone intenzioni a favore del cittadino. Infatti l'obiettivo turpe del Disegno di Legge governativo 3 agosto 2007 (Levi-Prodi) si presenta come "tutela e promozione del principio del pluralismo, dell'informazione affermato dell'art. 21 della Costituzione e inteso come libertà di informare e diritto di essere informato" (art. 1), ma nella sostanza  vorrebbe imporre a tutti i siti web grandi e microscopici la registrazione al tribunale, nel Registro degli Operatori di Comunicazione  (ROC) con tanto di giornalista (da pagare ovviamente) che faccia il diretto responsabile e ottemperi alle liberticide leggi sulla stampa." (art. 6 c.1).
Anche la Legge 91/99 sull'espianto-trapianto,  fu presentata con la "glassa" che i cittadini dichiarassero" la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi, tessuti ...e come promozione dell'informazione", ma nella sostanza hanno promosso solo l'organizzazione e i finanziamenti della rete trapiantistica. Stiamo ancora aspettando il decreto attuativo con le direttive che tutelino l'opposizione.
Se Il DDL Levi-Prodi diventerà legge metterà il bavaglio ai siti e ai blog che fanno libera informazione  e di sicuro al nostro che già più volte ha subito il sequestro preventivo di alcuni comunicati stampa. Questo disegno di legge dimostra che internet è l'unico mezzo di comunicazione libero da censure, accessibile a chiunque, e per questo fa tremare il potere.  Per salvaguardare la nostra libertà,  vi invitiamo a mandare una mail chiedendo al Consiglio dei Ministri di ritirare il DDL  che impone l'iscrizione al ROC a:  redazione.web@governo.it.
Ricordatevi che i politici contano sull'inerzia e la pigrizia dei cittadini.
Noi invece contiamo su di voi.
La Segreteria
Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente

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