ROMA/AEK ATHENS 1-1

12 novembre 2002 h. 20.30
EDITORIALE
I gravi incidenti di ieri all'Olimpico tra tifosi e polizia meritano una riflessione.
Non può sfuggire a nessuno, né a chi frequenta lo stadio né alla Questura di Roma  che ad un periodo di calma assoluta in concomitanza con le partite di calcio - per più di dieci anni non si è visto volare un lacrimogeno - fa da contraltare il momento attuale di grande tensione.
In base all'esperienza che ho, sia professionale che da tifoso di curva, sono in grado di dire che la politica del bastone adottata dalla Questura di Roma su suggerimento governativo non sta dando i suoi frutti.
L'applicazione ingiusta di una legge tendenzialmente ispirata da giusti motivi non fa altro che esasperare gli animi non solo degli ultras, ma anche dei tifosi comuni i quali si rendono perfettamente conto che quando un loro amico viene diffidato per due anni con obbligo di firma per aver scavalcato un cancello, subisce una misura eccessiva. Oppure quando un loro conoscente viene "daspato" per tre anni con firma per il lancio di una bottiglietta mignon di plastica vuota che neppure arriva al vetro divisorio (parlo solo di casi realmente accaduti), lo stesso subisce un provedimento incredibilmente iniquo, tenuto conto del fatto che chi - per ipotesi - accoltella a morte una persona non potrebbe subire una diffida più elevata.
Per comportamenti di questo tipo sarebbe sufficiente - se solo la Questura intendesse educare e non reprimere alla cieca -  disporre l'interdizione per un paio di mesi, e non rovinare la vita delle persone come invece stanno facendo. Per fare un paragone, è come se ogni volta venisse applicato l'ergastolo sia a chi fa una strage, sia a chi dà uno schiaffo a una persona.
Quando accadono episodi come quelli di ieri, dove persino i tifosi greci sono stati tutto sommato trascurati pur avendo rubato all'andata uno striscione (massima onta in ottica ultras), l'intelligenza vorrebbe che si riflettesse sul perché in questo momento storico i tifosi attaccano la polizia mentre prima accadeva più di rado. Sul perché il primo nemico di tutte le curve d'Italia siano ormai le divise blu e non più i tifosi avversari.
L'approccio non può essere quello dei pennivendoli di turno, che conoscono la realtà delle curve come il sottoscritto conosce l'ingegneria nucleare.
Bisogna quindi dire, per amore della verità, che gli incidenti con la polizia negli stadi sono sempre avvenuti, seppur in misura assai minore in passato, perché la presenza delle forze del'ordine è da sempre vista come un corpo estraneo inserito in un organismo "vivo" qual'è la comunità delle curve, una delle ultime realtà giovanili, e quindi mal tollerata, in quanto il più delle volte foriera di limitazioni a volte assurde agli occhi del tifoso ("Ci permetteranno in futuro di esultare?" si chiedeva un ragazzo tempo fa).
Ma l'esasperazione di tali scontri, per lo meno a Roma, è frutto di ben altro.
Ci si chiede: tutto questo accadrebbe se la Questura di Roma desse il giusto peso alle cose? Tutto questo accadrebbe se le forze dell'ordine fossero ben dirette in situazioni di ordine pubblico difficile? Tutto questo accadrebbe se nelle varie camere di sicurezza ci si limitasse all'educativo e simbolico scappellotto di rito e non si andasse ben oltre?
Quando - non è il caso di ieri - parte una carica indiscriminata in cui vengono picchiate a sangue persone inermi ed innocenti, il solo risultato che si ottiene è quello di essersi attirati l'odio della persona picchiata e quella dei suoi amici che la prossima volta, se capita l'occasione, saranno parte attiva, non potendo la loro passività escludere di essere comunque picchiati.
Non è certo mia intenzione sostenere che le curve non pullulino di teste calde, ma, ancora una volta, voglio invitare i preposti al mantenimento dell'ordine pubblico a dare il giusto peso alle cose.
Un soggetto incensurato e senza carichi pendenti che per una sola volta perde la pazienza allo stadio non può essere diffidato nella misura massima. Le situazioni vanno valutate caso per caso ed i provvedimenti debbono essere temperati in base alla reale pericolosità della persona, così come peraltro dice la legge. Ma la Questura di Roma continua a ritenere la diffida una pena e non una misura di prevenzione, quale invece essa è.
Se l'obiettivo è quello di prevenire disordini, i fatti dimostrano che la strategia adottata è fallimentare e che se la diffida "giusta" può essere tollerata agli occhi del tifoso, la diffida giusta ma applicata in misura ingiusta non è digerita e quella del tutto ingiusta non è tollerata dalla comunità della curva.
La Questura di Roma si svincoli, almeno in parte, dalle influenze dei mass-media e dalla sua naturale attitudine repressiva.
La Questura di Roma sia giusta, se ne è capace, perché la bieca repressione non paga.
"QUANDO LA VERITA' NON E' LIBERA, 
LA LIBERTA' NON E' VERA"
Jacque Prévert
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